Pellegrini di Speranza con Maria e Madre Michel

 

 La Madonna e la speranza

Il noto martire del nazismo Ditrich Bonoeffer (1906-1945), trovandosi prigioniero nel campo di concentramento di Flossenburg (Germania) in attesa della condanna, compose questa preghiera per sé e per i suoi compagni di prigionia; è una preghiera che apre serenamente alla speranza: «È buio, Signore, dentro di me, ma presso di te c’è luce; sono solo, ma tu non mi abbandoni; sono impaurito, ma presso di te c’è l’aiuto; sono inquieto, ma presso di te c’è la pace; in me c’è amarezza, ma presso di te c’è la pazienza; io non comprendo le tue vie, ma la mia via tu la conosci tutta».

La speranza è inscritta nella natura dell’uomo: questo infatti è un essere che vive permanentemente in tensione verso ciò che è buono, che è vero e che è santo. Vive in constante slancio verso “il futuro”; alla base di questa tensione c’è la speranza di un bene migliore; ogni singola persona “è un futuro”. Si può notare nella lunga storia dell’umanità che l’uomo si è sempre ribellato ad ogni forma di sopraffazione e di dittatura, perché queste spengono lo slancio vitale; l’uomo non tende ad avere sempre di più, ma ad essere sempre di più; è perennemente in cammino verso “il più”, verso ciò che “è meglio”, perciò saggiamente i latini lo dicono homo viator!

Il protagonista e la fonte della nostra speranza è Cristo Gesù, in quanto ci inserisce nella comunione di vita con se stesso e ci rende partecipi dei suoi doni: ci chiama alla fede alla speranza e alla carità, ci rende suoi fratelli; ha per ognuno di noi un intenso amore salvifico e, fin d’ora, ci fa partecipi della vittoria della risurrezione. Del resto, in tutta la sua permanenza tra noi, Gesù ha irradiato gioia e speranza; ha umanizzato le strutture sociali; ha alleviato situazioni drammatiche e ha liberato l’uomo dal male.

La Madonna è la Madre della Speranza! Anche lei non è spettatrice, ma protagonista con il suo Figlio Gesù. Cammina “in fretta” (Lc 1,39) verso la sua parente Elisabetta. È la donna che annuncia tempi nuovi, che annuncia ormai prossima l’aurora. È la portatrice del Verbo, della Parola. Nel suo andare, imprime a se stessa il ritmo del passo vivace delle anticipazioni, la cadenza delle sorprese celesti, lo stile delle novità, il dinamismo della profezia, l’attesa della speranza.

Maria inoltre è la Madre che, con le sue intuizioni materne, rivela ciò che manca, come nell’evento di Cana: «Non hanno più vino…» (Gv 2,3); rivela ciò che non siamo e dovremmo essere; lei è la “memoria” di ciò che manca a noi suoi figli; siamo ricchi di tante cose, ma ci manca l’essenziale. Sulla tavola del nostro contemporaneo c’è tutto, ma manca il resto, manca ciò che realmente conta, manca il rapporto con l’Alto. Qualcuno ha affermato che «l’uomo del secolo delle grandi scoperte ha tutto e nient’altro…!».

 

La speranza nel “cammino” di Madre Michel

La piccola ebrea olandese Etty Hillesum, assassinata dai nazisti il 30 novembre 1943, a soli 29 anni, suggerisce che «è necessario tenere sempre dentro di sé la scintilla della fiducia, il germe della speranza anche nei giorni più oscuri». A questa stessa metafora della scintilla si riferisce anche Madre Michel in una lettera inviata a don Luigi Orione, il 17 luglio 1898: «questa scintilla può ancora accendersi e svilupparsi in gran fuoco, se la carità di N. S. muoverà le ceneri che la coprono e vi soffierà sopra. Dunque spero e voglio sperare contro ogni speranza».

La Madre ricorre anche ad un’altra felice metafora, quella del piccolo drappello missionario delle suore di cui lei, per il momento, può disporre: «Oh, con quanta ragione dobbiamo dire: la messe è molta, gli operai sono pochi e con poca salute e purtroppo con poche virtù – ma dobbiamo disperarci per questo? No! Certamente! Dunque speriamo, speriamo contro ogni speranza». Inoltre, a questo sparuto drappello viene affidato il compito di proclamare il Vangelo, senza garantirne il successo.

Gli evangelisti nel riferire il mandato missionario di Gesù, fanno attenzione a precisare ciò che non devono portare. E ciò perché «un imponente spiegamento di mezzi – precisa don Alessandro Pronzato – mortifica, fa scomparire l’evangelizzazione, invece di promuoverla». Si conferma così che incidenza evangelica e possibilità umane camminano in direzioni opposte. Il Vangelo non ha bisogno di aiuti, ha bisogno di…Vangelo. «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10).

Madre Michel inoltre crea uno stretto binomio tra la virtù della speranza e i verbi espressi col verbo al futuro. Ecco una cascata di proposizioni che confermano la speranza combinata col futuro: «L’unica mia speranza sta in queste figlie che spero proprio saranno figlie del suo divino Amore, e che lo ameranno tanto, tanto»; «Io spero che dopo la grande burrasca sarà subentrata la calma; in fondo al cuore sentivo sempre una speranza che non per me, ma per le figlie almeno sarebbero venuti giorni migliori»; «Spera nel Signore. Di buon mattino mi porrò alla vostra presenza, vi contemplerò e sempre confesserò il vostro nome»; «L’ho amato poco per il passato…ma devo per questo perdere la speranza di poter riparare, e far meglio per l’avvenire?».

La scelta saggia e santa della Madre è di vivere intensamente il presente e di puntare oltre il breve orizzonte, verso il futuro, che è fondato sulla speranza certa che la storia la guida il Risorto. Con questa certezza di fede, il cristiano non solo non cede allo scoraggiamento e alla delusione, ma vive un fiducioso abbandono in Dio, rimanendo aperto al Trascendente, perché Dio è il futuro, Dio è il presente, Dio è l’eterno. Alla luce di questa certezza, Madre Michel può ripetere con Paolo: «Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce la pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rom 5,3-5).

 

Ubaldo Terrinoni OFM capp.

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