Carlo Torriani, La Beata Madre Teresa Michel, Fondatrice della Congregazione delle Piccole Suore della Divina Provvidenza, Tipografia Vaticana, 2007 (V edizione).
Presentazione della V edizione
La scelta di pubblicare per la quinta volta il libro, La Beata Madre Teresa Michel di Carlo Torriani, nasce dall’intensità e dalla profondità spirituale di questo volume che si legge con facilità e soddisfazione, ricco com’è, fin dall’inizio, di particolari, descrizioni, osservazioni. L’autore ha conosciuto bene Teresa Michel e questo emerge con tutta evidenza dalle pagine del libro a lei dedicato. L’opera, che nella IV edizione si intitolò “La Signora Madre” e che ora è tornata all’originaria forma non è un romanzo, e pur essendo stato scritto con uno stile – forse datato, ma ricercato e piacevole – che intende invogliare alla lettura, non contiene invenzioni o elementi di fantasia. Rappresenta invece il tributo di un uomo all’esperienza spirituale e umana che ha maggiormente segnato la seconda parte della sua esistenza. Tra Carlo Torriani e Madre Teresa Michel, fondatrice della Congregazione delle Piccole Suore della Divina Provvidenza, vi fu infatti una profonda amicizia spirituale, anzi una figliolanza, che si dipanò lungo vent’anni, dal 1923 al 1944. La quantità di informazioni di cui Torriani dispone e che riunisce in questo volume ne sono una testimonianza. Il risultato è una biografia sui generis, non frutto soltanto di ricerche o di qualche intervista, ma opera che suggella e pone compimento a una vicenda di vicinanza spirituale e di comunione profonda. Tra la fondatrice delle Piccole Suore della Divina Provvidenza e il giovane avvocato, giornalista, sindacalista, animatore dell’Azione Cattolica, uomo politico e infine sacerdote – ché tante sfaccettature ebbe l’attività di Carlo Torriani – vi era un tratto comune: l’avere maturato in età adulta la vocazione alla consacrazione sacerdotale, come esito non previsto di due itinerari, ovviamente diversi, di laici del proprio tempo. La vicenda si svolse in Alessandria e nel Piemonte degli anni tra le due guerre, fino alla scomparsa di Teresa Michel, nel gennaio del ’44. Non abbiamo documenti o testimonianze relative alla decisione di don Torriani di intraprendere la stesura di questo volume, ma è lecito pensare che egli abbia voluto, alcuni anni dopo la scomparsa della “Madre”, ripercorrerne l’intero itinerario, quasi volesse riviverlo, riabbracciarlo, ridargli senso e, soprattutto, offrirlo a chi non conosceva questa esperienza. Le pagine del volume, che esce in una veste rinnovata per le edizioni della Tipografia Vaticana, intendono proporre queste due significative figure spirituali del primo Novecento italiano, e collocarle nel clima e negli avvenimenti dell’epoca.
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Teresa Grillo Michel (1855-1944), figlia della buona borghesia alessandrina, rimasta vedova intraprende un originale cammino spirituale e di carità che porta alla fondazione delle Piccole Suore della Divina Provvidenza. Diffusasi dal Piemonte all’Italia intera, quindi all’America latina e all’Africa, la Congregazione della Michel affronta le prove del Novecento restando fedele al duplice carisma della fondatrice, tutto incentrato su “poveri e preghiera”. Teresa Michel è stata beatificata da Giovanni Paolo Il nel 1998.
Quella di Teresa Grillo, coniugata Michel, è una vicenda che presenta tratti di eccezionalità, e non soltanto per essere stata all’origine di una famiglia religiosa dotata di un preciso carisma a tutt’oggi ben vivo e delineato[1]. Teresa era nata a Spinetta Marengo nel 1855, da una famiglia della borghesia alessandrina. Dopo gli studi nel Collegio delle dame inglesi di Lodi, all’età di 22 anni si era sposata con un ufficiale dei bersaglieri, il capitano Giovanni Battista Michel. Con lui Teresa si trasferì a Napoli, dove iniziò una fase nuova della propria vita, in quella che era stata la capitale dello Stato borbonico, città dalla identità spiccata, ma tanto lontana da quella piemontese. Nel suo racconto Carlo Torriani presenta questa parte della vita della Michel come felice, turbata soltanto dall’amarezza di non avere avuto figli, fino a quando, in maniera improvvisa, nel 1891, Giovanni Battista, divenuto colonnello, si spense in seguito a un malore apparentemente banale, una insolazione che lo colpì durante una lunga parata militare. Teresa, all’epoca trentaseienne, decise di fare ritorno ad Alessandria, dove, profondamente turbata, iniziò una vita di preghiera e di adorazione, trovando conforto soltanto nella fede. Frequentando il santuario del Sacro Cuore ad Alessandria si legò alla comunità francescana. Nel 1893 divenne terziaria. Ma l’incontro che più toccò il suo cuore e cambiò la sua vita fu quello con l’opera fondata a Torino da Giuseppe Cottolengo. Visitando la casa dedicata alla Divina Provvidenza, che raccoglieva i più poveri della città, decise di avviare un’esperienza simile nella sua città. Inizialmente fu la sua stessa residenza a costituire un punto di ritrovo per i poveri di Alessandria, i quali impararono presto che alla porta della Michel si poteva sempre bussare per ottenere assistenza. Teresa aiutava come poteva, intaccando il patrimonio familiare, finché decise di aprire una casa dedicata espressamente alla Divina Provvidenza. Acquistò a tal fine, nel centro di Alessandria, un complesso di casupole mal ridotte, dove si trasferì nel 1893 iniziando ad accogliere i bambini in difficoltà. L’anno successivo venne inaugurato ufficialmente quello che sarebbe stato il cuore della futura congregazione: il “Piccolo ricovero della Divina Provvidenza”, posto sotto il patrocinio di Sant’Antonio.
All’epoca Teresa aveva 38 anni di età ed era laica, condizione che le creava in diocesi non pochi problemi, che si andavano ad aggiungere alle proteste dei parenti che non condividevano la sua scelta di povertà. Molti furono i tentativi, senza successo, da parte della famiglia, di far chiudere il Piccolo Ricovero, ma gli ospiti continuavano ad aumentare, mentre a Teresa si avvicinavano altre donne desiderose di sostenere l’opera. Con il tempo maturò in Teresa la decisione di creare una struttura più stabile per garantire un futuro al ricovero e agli altri centri di accoglienza che stavano nascendo nella provincia. Per questo, nel 1899, proprio sul finire del secolo, la Michel diede vita a una nuova congregazione religiosa femminile, le Piccole Suore della Divina Provvidenza, fondata sulla fiducia nella Provvidenza divina, dedicata al servizio dei poveri, spiritualmente incentrata sull’adorazione eucaristica. Nasceva così una comunità i cui tratti di originalità derivavano dalla sofferta scelta di una donna che, nell’Italia di fine ‘800, rifiutava le sicurezze e gli agi di una vita borghese per servire i poveri insieme ad altre compagne. È questa vicenda nella sua interezza, con le difficoltà, le incertezze, le gioie, che Carlo Torriani ha scelto di rievocare. Teresa Grillo Michel è stata beatificata nel maggio del 1998, a Torino, da Giovanni Paolo II.
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Carlo Torriani (1889-1958), avvocato e giornalista, vive con passione, nel primo Novecento, il rinnovato protagonismo dei laici, attraverso l’Azione cattolica, i sindacati “bianchi”, il Partito popolare di don Sturzo. Deciso a realizzare la dottrina sociale della Chiesa e ad offrire un’alternativa al socialismo e al fascismo, Torriani scopre, all’incontro con Teresa Michel e la sua opera, raccontato in queste pagine, come ogni impegno si debba radicare nella spiritualità e nell’incontro personale con i più deboli.
Le tappe di una vita intensa
Il nome di Carlo Torriani non è molto noto al grande pubblico. La sua vicenda si rivela tuttavia ricca di motivi di interesse. Egli infatti incarnò uno dei modelli tipici di cristiano del primo ‘900: fu uno di quei laici impegnati che si gettarono con passione nell’avventura dell’Azione cattolica, e concepì la propria vita come un apostolato da esercitare in forme nuove, come la novità dei tempi richiedeva. Per un giovane cattolico che si affacciava all’età adulta nel secondo decennio del Novecento, il panorama offriva effettivamente prospettive nuove. La frattura tra la Chiesa e lo Stato unitario andava lentamente risanandosi, e cominciava ad essere possibile per i credenti partecipare attivamente alla costruzione del nuovo Stato, dopo decenni di forzata assenza. Tra gli ambiti di un impegno per il quale in molti nutrivano grande attesa vi erano quelli dell’Azione Cattolica e del Partito popolare di don Sturzo. Tale apostolato era però atteso da grandi prove, quella della guerra mondiale, e quella del confronto con le scuole politiche di natura marxista, prima, e autoritaria, poi. Per i laici come Carlo Torriani giungeva il tempo di un rinnovato protagonismo.
Figlio di un impiegato regio, Pietro, Carlo Torriani nacque a Susa nel 1889. Crebbe ad Alba, dove frequentò ginnasio e liceo. Nelle vacanze a Castelceriolo, concorse alla fondazione del locale circolo giovanile di Azione cattolica. Gli studi universitari in legge li compì a Torino, dove dopo la laurea si trasferì insieme al padre, iniziando una delle professioni cui più si sarebbe appassionato nel corso della vita, il giornalismo. Divenne redattore sociale de “Il Momento”, giornale della Società Editrice Romana, di impronta cattolica e filoliberale. La collaborazione si interruppe dopo pochi anni, quando in seno alla proprietà prevalse l’ala conservatrice, che Carlo Torriani non si sentiva di condividere. Intanto, egli aveva accettato la presidenza della neonata federazione diocesana di Azione cattolica di Alessandria, dando inizio ad una capillare opera di propaganda in tutta la diocesi per la fondazione di circoli di AC. Era il maggio del 1912. L’impegno profuso in questa attività gli valse, nel 1914, la nomina a presidente regionale di AC. In questa veste egli trascorse gli anni della Grande Guerra. Studiò una maniera duplice di contrastare la bestialità di un conflitto che sarebbe dovuto durare pochi mesi e si rivelò invece uno scontro globale al quale non si riusciva a porre fine. Mantenne aperti i contatti con gli iscritti al movimento che venivano richiamati al fronte; essi ricevevano regolarmente un foglio – notizie sull’Azione Cattolica e sui loro paesi, e al contempo iniziò una intensa attività sociale, interessandosi alle rivendicazioni di alcune categorie di lavoratori. Tale attività porterà alla formazione dei cosiddetti “sindacati bianchi”, che videro la luce immediatamente dopo l’armistizio. Nacquero così gruppi sindacali di ferrovieri, metalmeccanici, impiegati bancari, fattorini, di ispirazione cattolica, riuniti, a guerra conclusa, nell’Unione del Lavoro. Suo scopo era promuovere i diritti dei lavoratori in una fase particolarmente critica per l’economia e la società, uscite da una guerra quanto mai distruttiva che aveva depauperato il paese decimando le generazioni più giovani e vitali. L’organizzazione fu capillare e coinvolse tutti i comuni della provincia, superando i confini diocesani. I centri più interessati furono quelli dei nuovi complessi industriali del Canavese e dell’Ovadese. Gli “Uffici del Popolo” offrivano una alternativa alle “leghe rosse”. Durante lo sciopero dell’industria tessile, nel marzo 1921, fu l’organizzazione di Torriani a portare a buon fine le trattative con la Lega Industriale per l’introduzione del tetto delle otto ore lavorative giornaliere nel contratto di impiego.
La sensibilità sociale e le capacità organizzative procurarono a Torriani l’invito a Roma, per partecipare all’assemblea che portò alla fondazione del Partito popolare italiano. Nella sua nuova qualità di segretario provinciale del Ppi di Alessandria, Torriani assunse, su richiesta del vescovo Giosué Signori, la direzione del settimanale diocesano La Libertà. Quelli tra il ’19 e il ’24 furono gli anni di più intensa attività politica, e di confronto con socialisti e fascisti, ma anche di incontro personale con i più poveri. Fu una novità significativa. Torriani si convinse che non era più sufficiente combattere una battaglia sociale dalle colonne di un giornale o attraverso l’attività politica. Il contatto personale con i più deboli e l’aiuto quotidiano alle loro necessità gli apparve irrinunciabile. Per questo, in una stagione di fondazione e di nuovi inizi come era il primo dopoguerra, diede vita a un “Segretariato del popolo”, di ispirazione vincenziana. L’idea era quella di creare, all’interno del vescovado, un luogo aperto a tutti, dove chi era nel bisogno potesse trovare colloquio, consiglio, e aiuti materiali. qui avvenne l’incontro con Madre Michel e la sua opera, attiva in Alessandria già da diversi anni. Antifascista della prima ora, Torriani fu costretto a rinunciare alla politica nel nuovo clima di intimidazione e restrizione delle libertà. Il sacrificio del Partito popolare, compiuto per volontà della Santa Sede, lo spinse a diradare l’impegno politico. La perdita, nel giro di due anni, delle sorelle, cui egli era molto legato in quanto attive anch’esse nel laicato cattolico impegnato, lo lasciarono più solo nell’assistenza all’anziana madre, che si spense nel ’32. Torriani si sentì allora pronto ad iniziare una nuova stagione, che visse come una vera e propria rinascita. Nell’ottobre del ’33, a 44 anni, entrò in seminario, e dopo quattro anni di studi venne ordinato prete. La figliolanza spirituale con Madre Michel era intanto cresciuta, e Torriani fu nominato cappellano della nuova Casa della Divina Provvidenza, dove nei suoi ultimi anni egli alloggiò, lavorò, e pregò. Quell’opera gli parve la realizzazione di un sogno, quello di potere dare soluzione definitiva al problema di tanti malati e persone con disagi diversi. La venerazione verso questo luogo appaiono chiaramente nelle pagine del libro che allora si intitolò “Madre Teresa Michel”. Don Carlo intanto insegnava in seminario e aveva ripreso la sua attività di giornalista. Ma l’impegno principale era il per il ricovero della Divina Provvidenza. Restò vicino a Madre Michel fino agli ultimi giorni della sus malattia, durante i quali Madre Teresa continuava ad occuparsi attivamente delle opere della Congregazione. Don Carlo Torriani la ragguagliava ogni sera sullo stato delle attività, e in particolare sulle condizioni delle ospiti più gravemente ammalate.
Le pagine del volume di Torriani sono il racconto di questa avventura straordinaria, narrata con l’entusiasmo e la partecipazione di un testimone d’eccezione. Si concludono con il racconto delle esequie di Madre Michel. Per Carlo Torriani la vita continuava. Venne il tempo della Resistenza, e della costruzione della nuova Italia repubblicana. I cattolici avrebbero assunto in essa responsabilità ben maggiori che in passato. Torriani avrebbe accompagnato questi processi, senza mai abbandonare lo spirito critico, mettendo sempre in guardia contro le tentazioni del potere, che venivano ad essere il nuovo nemico. Con la sensibilità di un uomo consacrato ai poveri e alla preghiera.
Durante la guerra, dopo l’8 settembre del ’43, partecipò alla resistenza come cassiere dei gruppi locali. Nella sua nuova vita alcune passioni antiche si conservarono intatte: l’impegno in Azione Cattolica, la vicinanza ai poveri e alla giovane congregazione fondata da Madre Michel, la direzione de La Voce alessandrina. Morì giovane, a 69 anni, nella sua camera presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza.
Marco Impagliazzo
Carlo Torriani da laico e da sacerdote