170° Anniversario di nascita della beata Teresa Grillo Michel

Madre Teresa Michel Nel Giubileo Della Speranza

 

Viviamo in un momento storico in cui valori e principi che abbiamo sempre considerato “regole” della convivenza fra gli uomini vengono rigettati con arroganza e insolenza dai “potenti” di turno. Siamo spettatori passivi in un mondo tendenzialmente “regolato” da guerre che sottendono, in maniera neppur tanto larvata, lo scopo di appropriarsi di ricchezze presenti nei territori individuati. E poco importa se a morire sono centinaia di migliaia di innocenti – uomini, donne, bambini – o se lo scenario finale presenta soltanto immagini di distruzione, al quale cinicamente si pensa di provvedere alla ricostruzione perché anche quell’intendimento frutterà denaro.

Da dove proviene lo scenario attuale, che non è casuale né nato momentaneamente? Ha radici profonde nell’animo umano ma, per dirla con “Il Vangelo del coraggio” di don Tonino Bello, «ci stiamo adattando alla mediocrità. Accettiamo senza reagire gli orizzonti dei bassi profili. Viviamo in simbiosi con la rassegnazione. Ci vengono meno le grandi passioni. Lo scetticismo prevale sulla speranza, l’apatia sullo stupore, l’immobilismo sull’estasi. La nostra religiosità incolore si stempera in gesti stereotipi, in atteggiamenti etici senza entusiasmo, in pratiche rituali che hanno il sapore delle minestre riscaldate nelle pentole d’Egitto. Più che essere schiavi dell’abitudine, abbiamo contratto l’abitudine della schiavitù».

In un mondo regolato dalla finanza speculativa, sedotto dalla massimizzazione del profitto, che sfrutta i poveri con il traffico delle armi ci si trova davanti ad un video in cui l’esistenza scorre senza stupore, senza spessore e si è convinti di compiere delle scelte mentre, invece, siamo scelti.

Ma «dobbiamo tenere accesa la fiaccola della speranza” che ci è stata donata – dice Papa Francesco che ha indetto il Giubileo – e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante». E l’aver scelto il motto “Pellegrini di speranza” significa «recuperare il senso di fraternità universale, se non chiuderemo gli occhi davanti al dramma della povertà dilagante che impedisce a milioni di uomini e donne, giovani e bambini di vivere in maniera degna di esseri umani. Specialmente ai tanti profughi costretti ad abbandonare le loro terre».

Con la bolla di indizione del Giubileo del 29 maggio 1924, “Infinita Dei Misericordia”, Papa Pio XI, richiedeva di «domandare a Dio una cosa particolare: intendiamo la pace, non solo quella fissata dai trattati, ma quella che deve regnare nei cuori ed essere ripristinata fra i popoli, pace che se non è oggi così lontana come per il passato, tuttavia ai Nostri ed ai comuni desideri appare ancora troppo lontana».

Il 10 ottobre 1925, in una lettera, Madre Teresa Michel manifestava il desiderio di prender parte al Giubileo, a Roma, in novembre. E in un’altra lettera a Teresa Di Blasi, augurandole di poterla incontrare a Roma: «Tu potresti alloggiare da noi alla bella e meglio, ma quando ci si vuole bene si accontenta di tutto non è vero?». È evidente lo spirito di comunità che ha sempre animato la Madre e che riesce a rendere semplici e accoglienti gli incontri desiderati. Ma Roma è anche meta di altre speranze che vengono manifestate in una corrispondenza con il reverendo don Fiori: «Ricevo la pregiata sua del 22 corrente – scrive la Madre – e la ringrazio di avermi comunicato subito la decisione presa, d’accordo col Rev. Sig. Direttore Don Orione nei riguardi dei ragazzi per lasciarci libera codesta Casa. (…) Io non so ancora con chiarezza che cosa la D.P. vorrà da noi in Roma, m’è però grata assicurarla che saremo sempre disposte e liete di poter adoperarci a vantaggio della Parrocchia d’Ognissanti e di avere, anche in avvenire, l’appoggio morale dei Figli del Rev. Don Orione. Appena la casa sarà libera, favorisca avvisarmi e se lo potrà mi sarà ben grato il profittarne per condurvi alcune Suore ad acquistare il Giubileo e farvi un po’ di Esercizi se ci sarà speranza di avere per predicatore uno di loro». Il Giubileo diventa anche uno strumento di incontro e di condivisione di pensieri e di strutture.

Tornando alla bolla di indizione dell’Anno Santo 1925, in un passo si legge: «In verità, non si deve credere che la celebrazione del Giubileo, la quale si protrae per un intero anno, abbia il solo scopo d’indurre i singoli individui all’espiazione ed alla cura delle loro infermità spirituali. (…) Come la cattiva condotta dei singoli torna a detrimento di tutti, così la conversione dei singoli a una vita più santa porta evidentemente l’intera umana società ad emendarsi ed a stringersi sempre più a Gesù Cristo. (…) è necessario tuttavia che le trasmodate cupidigie dei cittadini e delle stesse nazioni siano frenate dalle leggi del Vangelo e che gli uomini siano affratellati fra loro dalla divina carità. Ma non si vede come possano ripristinarsi i vincoli di fratellanza tra i popoli e come possa ristabilirsi una pace durevole, se i cittadini e gli stessi governi non si compenetrino di quella carità che per lungo tempo purtroppo, specie per causa della guerra, parve sopita e quasi abbandonata». Dopo un secolo, nulla di nuovo sotto il sole? Può darsi perché «non ce la sentiamo di rischiare. Ci vogliamo garantire dagli imprevisti. Sarà pure giusto lo stile aleatorio del Signore, ma intanto preferiamo la praticità terra terra dei nostri programmi. Sicché, pur declamando con la bocca i paradossi di Dio, continuiamo a fare assegnamento sulla forza e sul prestigio, sul denaro e sull’astuzia, sul successo e sul potere» (Don Tonino Bello, Il vangelo del coraggio, 1996, Edizioni San Paolo.

Tuttavia, Papa Francesco ci pone davanti alla speranza come indicazione di comportamento. Fin dall’Angelus della prima domenica d’Avvento del 2013, primo anno del suo pontificato, disse: «Come nella vita di ognuno di noi c’è sempre bisogno di ripartire, di rialzarsi, di ritrovare il senso della meta della propria esistenza, così per la grande famiglia umana è necessario rinnovare sempre l’orizzonte comune verso cui siamo incamminati. L’orizzonte della speranza!». Nell’intervista con don Marco Pozza, Papa Francesco è ancora più chiaro e convincente: «La speranza non delude, è un atto di fede prendere la speranza, la più umile delle virtù, ma la più quotidiana, perché è come l’ossigeno per respirare la vita e le dà un senso. È un dono per andare avanti, per agire, per tollerare, per soffrire. Questo è un mondo pieno di delusioni. La speranza è tutti i giorni, la trovi nei piccoli angoli della tua vita e lì c’è la speranza che ti porta avanti».

Il desiderio di recarsi a Roma per il Giubileo indetto da Papa Pio XI per Madre Michel è motivo di rinnovamento spirituale ma custodisce anche l’anelito di vedere l’Opera da lei iniziata proseguire sulla strada della carità che spera contro ogni speranza, della bontà che accoglie senza distinzioni, della misericordia che non ha confini.

E tutto questo è rimasto, e si consolida giorno dopo giorno, nelle opere presenti attraverso le Piccole Suore della Divina Provvidenza che radicano il “giubileo della speranza” fra i più fragili e fra gli ultimi. Una donna che aiuta a sperare anche nelle situazioni in cui la speranza sembra una parola insignificante e a rischio di derisione. Una donna che ha creato tante “porte della speranza” dove ci si rivolge nei momenti di difficoltà della vita, che sono tanti e non soltanto di assistenza nella malattia o nella vecchiaia. E a quella porta si affaccia sempre una “piccola suora della Divina Provvidenza” che la Beata Teresa Michel ha messo sul cammino di chi è nel bisogno.

Marco Caramagna

Giornalista

 

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