A memoria d’uomo non si ricorda una via Crucis fatta dal Santo Padre senza fedeli al seguito. Non si ricorda nemmeno la messa di Pasqua con piazza San Pietro deserta. Scene che lasciano riflettere molto e non poco sulla pandemia del coronavirus. Molto probabilmente, stavolta, ognuno avrà sentito la fede in Cristo più interiormente, anche se la messa di Pasqua celebrata da Sua Santità è stata ascoltata in televisione.
A Pasqua, Papa Francesco si è rivolto soprattutto all’Europa. Ha sussurrato un avvertimento che sarebbe riduttivo considerarlo un appello alla semplice solidarietà.
Il tempo degli inviti alla buona volontà è finito con l’inizio della pandemia di coronavirus. Ora la situazione esige chiarezza e vie maestre per uscire dal deserto.
Bergoglio ha parlato dall’altare della Confessione di San Pietro guardando lontano, in modo particolare a Bruxelles poiché si sta rischiando di mettere in moto un meccanismo devastante e autodistruttivo.
Papa Francesco sta ripetendo in ogni occasione: “Alla fine, di questo grande sogno di pace e fratellanza tra popoli, rischia di non restare altro se non un ritorno al tremendo passato, al 1934. Orde di politicanti di basso livello sono pronte a profittare dell’egoismo europeo. Già parlano come Hitler e i populisti degli anni ’30”.
Nella liturgia pasquale è stato letto il Vangelo secondo Giovanni, in una San Pietro ancora desolatamente deserta, prima in latino e poi in greco. Sono le lingue con cui gli Apostoli si espressero, che costruirono le prime chiese nei porti del Mediterraneo Orientale e poi divennero il verbo della Grande Chiesa paolina. Sono le lingue trasformate dal tempo che si parlano ancora adesso in quella parte d’Europa dove più si chiede ed è stata chiesta solidarietà all’Unione, e meno ne ha avuta: pandemia, migranti, bilanci da saldare.
Sabato sera, dopo il suono delle campane che annunciava il Gloria della Resurrezione, il Pontefice ha ricordato la luce del giorno che segue l’ora più buia. La riflessione successiva di Francesco è stata questa: “L’Europa smetta di essere piccola ed egoista, perché la prima vittima dell’egoismo, dopo i poveri della Terra, sarà lei”.
Naturalmente, per Papa Francesco: “Il primo pensiero è per i malati, coloro che sono morti e i familiari che piangono per la scomparsa dei loro cari, ai quali a volte non sono riusciti a dare neanche l’estremo saluto, come anche gli anziani e le persone sole”.
Francesco ha detto di essere: “Vicino a chi si trova in condizioni di particolare vulnerabilità, come chi lavora nelle case di cura, o vive nelle caserme e nelle carceri. Ai medici e agli infermieri, alle forze dell’ordine e ai militari che in molti Paesi hanno contribuito ad alleviare le difficoltà e le sofferenze della popolazione”.
È seguito quindi l’invito ai politici ad essere all’altezza della situazione. Papa Francesco ha detto: “Si preparano tempi duri in cui la gente sarà senza lavoro, spossessata di quello che aveva e non solo degli affetti. Incoraggio quanti hanno responsabilità politiche ad adoperarsi attivamente in favore del bene comune dei cittadini, fornendo i mezzi e gli strumenti necessari per consentire a tutti di condurre una vita dignitosa e favorire, quando le circostanze lo permetteranno, la ripresa delle consuete attività quotidiane”.
Il tono di Sua Santità è stato morbido ma con parole chiare: “Questo non è il tempo dell’indifferenza, perché tutto il mondo sta soffrendo e deve ritrovarsi unito nell’affrontare la pandemia. Allora si tolgano le sanzioni a chi deve lottare su più fronti (il riferimento è apertamente all’Iran, da dove alcuni ayatollah hanno chiesto apertamente la mediazione vaticana per risolvere la faccenda), si operi per la pace in tutto il Medioriente, a cominciare dalla soluzione del conflitto arabo-israeliano. Si agisca in Yemen, in Siria, in Libano, Mozambico. Si sostenga il popolo del Venezuela. Ma soprattutto questa incartapecorita Europa, che mostra tutti i suoi 75 anni ed i duemila che ci sono dietro, ritrovi lo spirito di gioventù e ricordi che, prima dei bilanci usati come scusa, vengono le speranze, gli entusiasmi, la solidarietà. Non è questo il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone, è il preambolo del ragionamento. Tra le tante aree del mondo colpite dal coronavirus, rivolgo uno speciale pensiero all’Europa. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, questo amato continente è potuto risorgere grazie a un concreto spirito di solidarietà che gli ha consentito di superare le rivalità del passato. È quanto mai urgente, soprattutto nelle circostanze odierne, che tali rivalità non riprendano vigore, ma che tutti si riconoscano parte di un’unica famiglia e si sostengano a vicenda. Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero”.
Così dicendo, Bergoglio ha riconosciuto all’Europa un ruolo centrale che aveva perso con la Guerra Fredda: Europa esempio del mondo, reggitrice dei suoi stessi popoli e modello per gli altri. Una centralità che lo scorso gennaio era stata sottolineata dal segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Gallagher, in una visita al Consiglio d’Europa.
Oggi, a maggior ragione, il Papa insiste: “Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative. L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni. Si rischia l’addio alla convivenza, e questo in Europa vuol dire una cosa sola. Chi non vuole tornare al ’44 pensi alla ex Jugoslavia. Non è il momento delle divisioni, degli egoismi. Indifferenza, egoismo, divisione, dimenticanza non sono davvero le parole che vogliamo sentire in questo tempo. Esse sembrano prevalere quando in noi vincono la paura e la morte. L’apocalisse non si rivela per forza con un rombar di tuoni”.
Dunque, Papa Bergoglio ha insistito sui problemi dell’umanità che riguardano il mondo, ma ha riconosciuto all’Europa un ruolo centrale che potrebbe svolgere nel mondo se ritrova il suo spirito unitario e solidale.
Anche i fedeli debbono fare il proprio dovere unendosi sia in preghiera che con le loro azioni quotidiane attorno a Sua Santità Francesco.
Roma, 14 aprile 2020
Salvatore Rondello