“Costruire” un itinerario di fede nella propria vita

 

Fiducia nella Divina Provvidenza

Madre Teresa Michel amava definirsi un “piccolo strumento nella mani della Divina Provvidenza”, una convinzione che l’accompagnò per tutta la vita rappresentando un’indicazione costante. Ciò non vuol dire che la fiducia prettamente evangelica da lei nutrita nella Divina Provvidenza, nome che scelse per la sua Congregazione, sia stata acquisita in modo facile, quasi spontaneo. La storia di questa donna, così vicina per tanti aspetti ai nostri giorni, ha molto infatti da insegnarci su ciò che vuol dire “costruire” un itinerario di fede nella propria vita.

 

Prima di tutto per un dato anagrafico. Non è senza significato che la conversione di Madre Teresa avvenga in età adulta, dopo aver fatto l’esperienza del matrimonio, tragicamente concluso con la scomparsa precoce del marito, e dopo aver vissuto tutta la sua giovinezza all’interno di un’agiata famiglia piemontese. La fiducia nella Divina Provvidenza appare come una scelta precisa legata alla chiamata, alla sua vocazione, e con il passare degli anni diventa uno stile di vita. Appaiono significativi al riguardo alcuni passaggi del libro che raccoglie i suoi pensieri e una parte della sua fitta corrispondenza con i direttori spirituali, le consorelle, gli amici sparsi in Italia e nel mondo (“Alla scuola di Madre Teresa Grillo Michel”).

Nel luglio del 1898, all’inizio della sua vocazione, esprime una profonda coscienza dei suoi limiti, non solo personali ma anche temporali, legati alla sua storia:

“Amo ancor così poco quel Gesù che dovrei amar tanto, avendo cominciato così tardi ad amarlo, ed avendo ricevuto molto di più di altri dalla sua infinita misericordia e bontà… Come potrò recuperare il tempo perduto e che perdo ancora attualmente?”.

È la percezione della propria piccolezza e del proprio bisogno di fronte ad un’avventura umana e spirituale cominciata “così tardi”, cioè in età adulta. Al tempo stesso, proprio questo aspetto – la vocazione adulta – sottolinea il coraggio della scelta che fece: cambiare radicalmente la propria vita, spenderla per il Vangelo e per i poveri, non doveva certamente essere facile per una donna all’inizio sola e in una società come quella dell’Alessandria, di fine Ottocento. Affidarsi alla Divina Provvidenza ha voluto dire per Teresa Michel vivere l’esperienza di Nicodemo che, già adulto, si reca dal Signore per chiedere cosa fare e trova per sé una risposta eccezionale, che occorre “rinascere dall’alto”. Da allora, come Nicodemo dopo il primo incontro con Gesù, Teresa non hai smesso di essere discepola diventando un modello per tanti fino ai giorni nostri.

Come un’adulta che si fa bambina per seguire il Signore, Teresa Michel scopre giorno per giorno le difficoltà di un cammino di conversione. Deve combattere infatti anche contro il suo carattere e le sue abitudini che la portano spesso a non capire la strada da percorrere, come si legge nelle lettere ai suoi consiglieri spirituali: “Ho tanta paura di sbagliare, di non seguire abbastanza la volontà del Signore, di mancare tanto di fede che sovente mi scoraggio e rimango perplessa sulle decisioni da prendere”. Una confessione di debolezza che trova però una risposta di fede: “A me non resta che nascondermi più ancora di quello che ho fatto finora, e pregare, lasciando che la Divina Provvidenza supplisca alla mia miseria”.  Qui la preghiera appare come la forza dei deboli e Teresa Michel ci si rifugia come debole e bisognosa di aiuto per dare alle sue sorelle, che guida ormai da anni, “quell’intuizione e quella virtù” che si sente “impotente ad inculcar loro”.

Già nel 1899, agli inizi del suo lungo cammino spirituale, Madre Teresa affidandosi alla Divina Provvidenza pone le premesse sia per lo sviluppo delle opere caritative che per la crescita della sua Congregazione, in Italia come in terre lontane: “Per parte mia, sono pronta ad andare dove la Divina Provvidenza vorrà per raccogliere un po’ denaro per questi poveri figli”. Cioè i primi poveri che accoglie nella sua casa. È l’espressione della fiducia che avrebbe sempre avuto un soccorso, che non sarebbe mai stata abbandonata nel suo farsi mendicante per gli orfani e i giovani bisognosi. Ma è anche la premessa per la coraggiosa missione che decise di aprire, qualche anno dopo, in Brasile prima e in Argentina poi. Allora e in futuro, ama ripetere, “Sarà sempre la Divina Provvidenza, la nostra assoluta padrona” ad indicare la strada da percorrere e a scandire i tempi.

Per questo, con sensibilità evangelica, Madre Michel non si preoccupa e non si “affanna” per le necessità materiali di cui ha bisogno: “Del resto il Signore sa le nostre necessità, e provvederà come crederà meglio a suo tempo”. Ma si tratta di un cammino che conosce negli anni difficoltà concrete. C’è una battaglia, sentita da Madre Teresa, fra il materiale e lo spirituale. Basta leggere una sua lettera del luglio 1923, indirizzata ad un consigliere spirituale, in cui esprime le sue preoccupazioni di fronte a possibili “ingerenze laiche”, legate all’accettazione di alcuni aiuti economici: “Io mi intendo poco di queste cose (di interessi materiali), ma sento istintivamente paura di tutto quello che esce dalla via semplice e provvidenziale che Dio ha sempre tracciato finora alla nostra piccola Opera”. Nel maggio del 1927 si chiede cosa fare di fronte ad un’importante donazione: “Ci offrono un grandioso edificio fabbricato espressamente per mettervi la nostra gente; ma io, vecchia e ammalata, con poco personale dirigente e con poca salute e molte poverelle…senza un aiuto specialissimo della Divina Provvidenza, cosa farò?”. La risposta non è mai nella rinuncia, ma nell’accettazione umile della volontà di Dio: “Non voglio ritirarmi per mancanza di fede e non voglio neppure farlo per presunzione”.

Già nel maggio nel 1900 aveva individuato l’orientamento essenziale per la sua vita spirituale:

 “La nostra regola, figlia mia, – scriveva ad una consorella – è questa: andare con santa indifferenza dove la Divina Provvidenza ci chiama e ci dimostra, anche materialmente, che ci vuole, per mezzo dei Superiori, e per mezzo d’un aiuto anche materiale…Non dobbiamo fissare noi il Paese e, per lo meno, essere pronte a cambiarlo, se l’obbedienza non ci impone il contrario”. Consigliando alla stessa sua compagna di avventura spirituale la cautela che viene da una poca considerazione della propria persona aggiunge: “In principio bisogna andare molto caute, figlia mia, e far le cose da poverette, perché nella povertà c’è sempre il Signore, e c’è meno pericolo che l’amor proprio c’inganni e ci faccia fare dei passi falsi”.  Una coscienza che l’accompagna in tutta la sua vita e che si rivela, con chiarezza, in età avanzata, quando le forze sembrano mancare e le difficoltà appaiono più grandi. Là dove affidarsi alla Divina Provvidenza è anche sete di perfezione che non viene dalle proprie mani ma da quelle, misericordiose, del Signore. Così scrive Teresa Michel nel luglio del 1937, ormai anziana:

“Le croci non mancano neppure a me e mi sento stanca, alle volte, tanto esaurita che vorrei lasciare tutto per non pensare più che all’anima mia…Ma poi mi pento, perché mi pare che sia egoismo, e così mi getto, con gli occhi chiusi, nelle braccia della Divina Provvidenza, perché faccia lei quello che è meglio per me e per la piccola Opera nostra, che è ancora tanto imperfetta”.

Prof. Marco Impagliazzo

 

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