DECALOGO PER I POLITICI
10° comandamento
NON DESIDERARE…
La politica fa crescere le manie di onnipotenza, dicevamo a inizio di questo nostro “decalogo”.
E se c’è una mania connessa alle grandi manifestazioni del potere, vi sono anche quelle connesse al potere di bassa lega.
Si può cadere nella tentazione di sentirsi padrone dei destini di persone vicine, si può approfittare della propria posizione per chiedere al prossimo la moglie, i servitori, i suoi beni… sia pure solo “in prestito”. Se anche non si arriva a chiedere la disponibilità “fisica” del prossimo (a che ci risulti, questo malcostume non è diffuso, per fortuna), gli si chiede la disponibilità mentale al servilismo, all’accondiscendenza. E il prossimo, in questo caso, non è solo l’amico, ma il dipendente della struttura creata per la prestazione del servizio politico.
Che la pubblica amministrazione abbia bisogno di ulteriori interventi, per l’adattamento alla realtà presente, è fuori di discussione. Ma qui possiamo sottolineare che una parte delle disfunzioni è correlata allo scarso rispetto del ruolo e delle competenze dei funzionari, degli impiegati, degli operai. Il politico, soprattutto se “nuovo”, deve saper valorizzare il già dato, anche in termini di capacità professionali del personale dipendente dell’amministrazione pubblica. E deve saper toccare i tasti giusti perché questa faccia un passo avanti.
Ad un “politico’ credente possiamo chiedere il di più di un’attenzione alle persone oltre che al ruolo che rivestono, pur nei limiti di carriere e competenze disegnate da precise leggi: in un atteggiamento di “dono” al prossimo in luogo del consueto “desiderio di prendere”.
FAR CRESCERE LA CIVILTÀ DELL’AMORE.