Nella notte di Natale
di sant’Ambrogio
(incerto 339/340-397)
Ascolta, tu che governi Israele,
che siedi sopra i cherubini;
compari in faccia ad Efraim, scuoti
la tua potenza, e vieni.
Vieni, redentore dei popoli,
vanta il parto da vergine;
ne stupisca ogni tempo:
parto che si conviene a Dio.
Non da seme maschile
ma per mistico fiato
si è fatto carne il Verbo di Dio
e il frutto del ventre è fiorito.
Il grembo della vergine si gonfia:
chiostro permane di pudore.
Delle virtù risplendono i vessilli:
in quel tempio si agita Dio.
Dal suo talamo venga,
regale sala del pudore,
il gigante di duplice natura
per correre animoso la sua strada:
l’uscita sua dal Padre,
il suo ritorno al Padre,
la corsa fino agli inferi,
e il suo ritorno alla divina sede.
Uguale al sommo Padre
recingiti col trionfo della carne
tu che rafforzi di valore eterno
le debolezze della nostra carne.
Già splende il tuo presepe
e la notte respira la sua luce,
che tenebra nessuna offuschi mai
e d’incessante fede possa splendere.