Vivere l’esperienza di essere amati

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Dio ci ama come singoli, popoli, culture, tali quali siamo, con i nostri limiti e capacità. Allora l’esperienza fondante il nostro essere cristiani è quella di saperci amati insieme all’intera umanità, in modo definitivo, sempre, in ogni circostanza. Tocca a noi lasciarci conquistare da tale Amore, cosicché il nostro amore creato partecipi al dinamismo di quello increato. Come in un’incarnazione del mistero d’amore nelle nostre vite. È così che siamo Chiesa, dove la carità è la nostra vita da figli, in comunione col Padre, per Cristo, nello Spirito.

La fede esige allora, prima, che amiamo noi stessi. Se Dio ci ama, come potremmo noi non amarci, non partire dall’accettarci quali siamo per diventare come Lui ci vuole? Occorre superare quella forma di orgoglio e superbia che sta nel non accettare di essere stati amati “prima”. Se lo accettiamo,  tutto quel che siamo, viviamo, soffriamo, godiamo, ecc., diventa veicolo dell’Amore che Dio ci porta. Abbandonarsi a questo Amore, lasciarsi amare da Lui, è conoscere il senso dell’esistenza e identificarsi con esso, è “sapienza”, “contemplazione” del “mistero”.

Essere “vissuti”, abitati e posseduti dallo Spirito, è vivere nel grembo della misericordia del Padre, sicuri nella sua bontà e benevolenza infinite, avvolto dalla sua tenerezza, come figli amati partecipi dell’esperienza di Gesù: “Questi è il mio diletto Figlio, in cui io mi compiaccio” (Mt 3,17). Colui che vive nello Spirito non è più sotto il peso della paura, perché “l’amore perfetto caccia via la paura” (1Gv 4,18). “Infatti voi non avete ricevuto uno spirito di schiavitù per ricadere ancora nel timore; ma avete ricevuto lo spirito di adozione filiale, per il quale gridiamo: ‘Abba! Padre’” (Rm 8,15).“Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Lui, che non risparmiò il suo Figlio, ma lo diede a morte per tutti  noi, come non ci accorderà anche ogni altra cosa insieme con Lui?” (1Gv. 8,3-32).

 

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