Vivere l’Eucaristia

L’EUCARISTIA NELLA SPIRITUALITÀ

DI MADRE TERESA GRILLO MICHEL

 

 

Tenendo presente che l’adorazione eucaristica assimila a Cristo e Cristo conduce al Padre nell’unità dello Spirito, plasmando nell’unità e nell’amore il corpo mistico a immagine della comunione trinitaria, possiamo in verità asserire che la vita di M. Michel si conformò sempre all’Eucaristia; diventando offertorio. Alcune brevi riflessioni sul modo di vivere l’Eucaristia, tratte dalla vita della Madre Michel, prendendo come riferimento privilegiato l’art. 77 delle Costituzioni, ci saranno di grande aiuto spirituale. La sua esistenza fu pura partecipazione al Sacerdozio di Cristo e, con lui e in lui, ostia.

1. Eucaristia come Vita comunitaria

È noto a tutti, non solo alle sue dilette “figlie”, come la Madre fosse una donna di preghiera, altamente spirituale. Alessandro Pronzato[1] ha scritto una “esauriente e commossa bibliografia” dalla quale apprendiamo una messe di particolari: come per esempio Ella sapesse trovarsi al posto giusto al momento giusto, anche davanti alle autorità, alla buona società alessandrina e come fosse in grado di perorare la causa dei suoi poveri e delle sue fanciulle orfane e derelitte quando se ne presentasse l’occasione. Queste erano le sue azioni pubbliche, alle quali – tuttavia – preferiva il nascondimento. Appena poteva, “spariva” e poche sapevano dove andarla a cercare. Tra queste c’era Suor Camilla. «Quando la si cercava, abitualmente la si trovava in chiesa, in adorazione ». E anche suor Cristina: « Quando non la si trovava nella sua cella, si era sicuri di trovarla in cappella ». Coloro che l’hanno conosciuta si dibattono in un dilemma apparentemente insuperabile: sottolineare la carità eroica oppure lo spirito di preghiera? Venivano colpiti, evidentemente, dalla donna d’azione. Ma erano egualmente scossi dalla testimonianza offerta da quella donna che passava ore, notti intere in ginocchio. Le testimonianze oscillano, con la regolarità di un pendolo, tra questi due poli: adorazione e amore sconfinato verso il prossimo. L’adorazione, in lei, fu veramente partecipazione all’immolazione pasquale di Cristo. «Quando aveva un momento libero, andava davanti al Santissimo. Prolungava le adorazioni, anche per intere notti. Alle volte stava in camera a pregare, per evitare di essere vista e sgridata dalle suore».

 2. Eucaristia Centro della nostra vita

«Aveva una profonda vita interiore ». «Passava lunghe ore in meditazione». «Il suo amore al prossimo la spingeva soprattutto verso i miseri. Si interessava molto degli ammalati, andava a cercarli, a visitarli, li chiamava alla sua Casa…». «La preghiera era la sua forza». Fu chiamata Madre dei poveri. «La sua carità e abnegazione veramente straordinarie non incontrarono barriere… non mandò mai via nessuno senza un aiuto».
L’Eucaristia è la povertà di Dio. Nella realtà: Cristo Dio rinnova il suo sacrificio, la sua «kénosis», cioè il suo svuotamento, la sua povertà completa, come obbedienza illimitata alla volontà dei Padre, fino alla distruzione di sé. Nei segni: la povertà dei segni nei quali Cristo ha racchiuso la sua presenza e scuola di annientamento, di umiltà, di silenzio. La scelta di Gesù – la povertà – continua ancora nella povertà degli elementi che egli fa servire al nostro arricchimento. – Siamo capaci, ogniqualvolta andiamo a Messa, di confrontarci con questa situazione di estremo svuotamento? L’Eucaristia è, inoltre, il banchetto dei poveri. Qui non ci sono discriminazioni, non distinzioni di classi e di ceti sociali. è l’unico banchetto, l’Eucaristia, a cui tutti sono invitati. E l’unica condizione per parteciparvi è avere una fame estrema, avere un vuoto abissale da riempire. Solo a questa condizione la ricchezza di Dio, che l’Eucaristia racchiude, ci è promessa e accordata. Gesù si dona sotto le apparenze di pane, sotto le apparenze dei cibo dei poveri e degli umili.
Era la preghiera che le faceva scoprire il mondo dei poveri. Nella preghiera non cercava più il conforto personale, ma la spinta per recare conforto agli altri. L’adorazione è, per Madre Michel, il punto di partenza in direzione del prossimo. L’attenzione a Dio le affina il senso dell’attenzione alle necessità dei fratelli.Attraverso il silenzio, il raccoglimento, Teresa acquista consapevolezza. Si rende presente, partecipe, cosciente di ciò che l’Altro e gli altri attendono da lei. «Era sempre stato suo desiderio istituire l’adorazione perpetua… Avrebbe voluto che nella sua casa risuonasse la laus perennis »[2]. Dovette accontentarsi di collocare l’ostensorio sullo scapolare dell’abito religioso.
Madre Teresa, come è riuscita a legare tra loro una preghiera continua e un’attività prodigiosa, così ha saputo cogliere, quasi istintivamente, il rapporto tra Eucaristia e donazione agli altri. Si è resa conto che, nella realtà di miseria in cui era immersa e compromessa totalmente, il centro doveva essere costituito necessariamente dall’Eucaristia. Preghiera, dunque, come punto di partenza, e come “luogo”, in cui la divina presenza diventa intellettualmente sensibile: è la risplendente umanità di Gesù che sembra divenire ‘sperimentale’. Ma il Signore conduce l’anima a penetrare al di là dell’umanità e a trovare il Verbo, uno col Padre e con lo Spirito Santo.

 3. Eucaristia offerta gradita

Eucaristia come centro di tutto. Cristo presente sotto il segno del pane. Cristo presente sotto le apparenze di carne e sangue, piaghe e deformazioni. Cristo servito nella persona degli ultimi. C’è una robusta teologia – sia pure a livello di intuizione – che fa da sottofondo alla pietà eucaristica della Madre. Un pane condiviso, ossia riscattato dall’avidità del possesso, dell’ appropriazione, e che diventa segno, sacramento di fraternità.
Il pane spezzato, spartito, è veramente il segno della vita di Madre Michel. Una vita liberata dal possesso egoistico, e che diventa dono, offerta. Non si è limitata a offrire delle cose. Ha offerto se stessa. Possiamo affermare che lei stessa si è fatta pane, pronto ad essere divorato da tutti gli affamati. Giustamente è stato osservato: « Consumando il pane e bevendo il vino, carne e sangue del Figlio di Dio, l’uomo si appropria di quell’energia divina che lo trasmuterà nell’amore-passione cristiano, fino a renderlo pane nutriente sulla mensa delle creature. Trasmutarsi in pane, significa trasfigurare il nostro piccolo «io » in quello universale di Gesù Cristo, cosicché il mistero di Cristo, perpetuandosi nella ripetizione del gesto: “Mangiate, questo è il mio corpo”, si attua nella trasformazione del cristiano che, frangendo il suo essere, diventa pane che sfama l’altrui fame. Divenire pane, è immergersi nell’ardente vita portata da Cristo, eliminando quanto si oppone alla trasformazione del nostro essere nella capacità di donarsi totalmente.

4. Eucaristia e riparazione 

La più vera delle preghiere è quella eucaristica[3]. Il cuore e l’anelito di Madre Michel si rivolsero costantemente a Gesù nel Tabernacolo, come centro della fede, come compagno di vita, sorgente di energie spirituali e suggeritore di progetti santi. È bene tener presente sempre che le finalità della Congregazione da lei fondata si orientano verso il Cuore di Cristo e tutte s’incentrano nell’adorazione riparatrice, nella brama di tenere la mente e l’affetto rivolti al Divino Prigioniero degli altari, per consolarlo e fargli compagnia.Dovette attendere a lungo, la Serva di Dio, prima di riuscire a dare consistenza ordinata all’adorazione nei suoi istituti: ma la preghiera adoratrice e riparatrice fu sempre il distintivo della pietà delle Piccole Suore della Divina Provvidenza ed è il fiore più leggiadro della ardente e convinta devozione, offerto da piccoli e da grandi, ogni ora, all’Eucaristico Signore. In particolare ella visse con intensità nell’Eucaristia anche l’unione con l’immolazione riparatrice di Cristo. Da San Paolo in Brasile, ove colpita da infermità si trovava ospite nel Convento di N. Senhora de La Luz, il 30-9-1901, scriveva alle Suore appena arrivate dall’Italia:
«Io pregherò tanto per voi; è la sola cosa che posso fare per voi ora[4], ma voi sapete che la preghiera è onnipotente quando parte dal cuore di una povera madre che ama i suoi figli e che non ha altro desiderio che di vederli santi. Figlie mie! datemi la consolazione di vedervi tutte unite in un cuor solo e un’anima sola per lavorare alla maggior gloria di Dio e pel bene di quelle anime che vi ha affidato… Sono qui rinchiusa in questo santo ritiro per prepararmi a quello che vorrà il Signore. Piango e prego. E’ la festa della Madonna dei Dolori e vuole che anche noi piangiamo un poco con Essa». 
Il 2 ottobre seguente, dando notizie sulla sua salute, ricorda la potenza della sofferenza unita alla preghiera. «Il mio buon S. Francesco mi fu proprio Padre e mi volle curare spiritualmente e materialmente come ne avevo bisogno. Questi giorni passati qui mi fecero proprio bene e se soffrii qualche cosa è sempre troppo poco per quello che merito pei miei peccati e pel bene di quest’opera a Dio tanto cara. Ora sto proprio meglio. Mi feci visitare dal medico della casa e sto prendendo un rimedio omeopatico, che spero mi darà un poco di forza. Del resto il Signore, togliendomi l’uso delle gambe, mi fa star ferma e le figlie debbono supplire in tutti i modi alla mia fiacchezza. Io non posso ormai che soffrire e pregare come una povera vecchierella nel mio cantuccino. Voi fortunate che siete giovani che avete forze e che potete lavorare tanto per nostro Signore! Oh, sappiate approfittare del tempo! Esso passa presto e purtroppo non torno più».

Conclusione 

La carità cittadina e quella anonima di mille benefattori ha continuato con lo stesso ritmo di quando Ella, in vita, la esercitava sui suoi poveri. La fiducia in Madre Michel determinò una sicura tranquillità in quei cittadini che durante le incursioni nemiche potevano rifugiarsi presso le due Case alessandrine dell’Istituto Michel. E non sono poche le persone che nel segreto del loro cuore essendosi affidate alla Madre ne hanno ottenuto il suo materno interessamento presso Dio e la Vergine Santa.
Corrisponde quindi a verità l’affermare che Madre Michel è viva più che mai nella sua Alessandria e, nel cuore di chi la conobbe: viva nella sua opera, viva nella carità dei benefattori, viva nella speranza di avere in Lei una protettrice presso il Signore. Questa speranza la esprimeva già Mons. Nicolao Milone di venerata memoria, nella ispirata conclusione dell’elogio fatto ai funerali. Non dimentichiamo però il nostro dovere di pregare per la sua anima.  Preghiamo, recitando il Requiem fino a che la Chiesa ci dirà di recitare il Gloria».

 S. E. Mons. Vincenzo Bertolone, Metropolita Catanzaro – Squillace

 


[1] PRONZATO. A., Una donna per sperare Madre Teresa Michel Fondatrice delle piccole Suore della Divina Provvidenza. Gribaudi., Torino.
[2] Positio. Informatio p. 47
[3] AMATO. G., Lo spirito di Madre Teresa Miche! Viscardi. Alessandria., p. 34-35.
[4] Le Suore in attesa di aprire una nuova casa, stavano esercitandosi per imparare il portoghese

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