SOLLECITUDINE AMOROSA

30 maggio 1901 – Madre Teresa Michel si reca in Brasile (al centro)

 

Farsi poveri, ma soprattutto preoccuparsi di loro, averli sempre come compagni di strada, fratelli e sorelle della propria famiglia, la “familia Dei”. Madre Teresa Michel visse questa particolare sollecitudine per gli “ultimi” sin dall’inizio del suo apostolato. Perché sentì un profondo legame tra la sua conversione e la vicinanza ai poveri. Tanto che ne fece uno dei “segreti evangelici” della propria vita.

Proveniente da una famiglia benestante si sentì chiamata a compiere quel passo che il giovane ricco del Vangelo non ebbe il coraggio di fare: vendere tutte le sue ricchezze, darle ai poveri e seguire Gesù. Ma come per Francesco d’Assisi, al quale si ispirò, quella scelta interiore non fu fine a se stessa. E non fu neanche vissuta dalla beata come un atto eroico: rappresentò per lei la naturale conseguenza di chi sceglie per il Vangelo.

Teresa Michel sperimentò infatti nella sua vita ciò si legge nel Vangelo di Giovanni : “i poveri li avrete sempre con voi” (12,8). Cominciò con i poveri della sua Alessandria, a cavallo tra Ottocento e Novecento, città piena di malati, sofferenti e infermi, preoccupandosi non solo di consolarli, ma  costruendo con loro un rapporto privilegiato. E come sentì “stretta” la sua famiglia di origine, allo stesso modo comunicò a quella nuova famiglia che aveva fondato, le Piccole Suore della Divina Provvidenza, la necessità di vivere una carità senza confini.

All’inizio si orientò verso i poveri “vicini”, quei bambini abbandonati che ospitava nella sua casa o che faceva accogliere in alcuni istituti. Ma poi, una volta venduto anche il suo palazzo, circondata dalle critiche dei parenti che vedevano male la sua amicizia con persone tanto diverse da quelle che aveva frequentato in passato, si fece mendicante per i suoi mendicanti spingendosi fino in Francia per questuare per i poveri.

Ma negli anni successivi sentì il bisogno di varcare altri confini e di aprirsi al mondo. Scelse il Brasile e l’Argentina, nuove terre di emigrazione, regioni difficili dove si recò personalmente per predicare la pace e quella stessa sollecitudine per i poveri che aveva imparato seguendo il Vangelo nella sua Alessandria. Nella sua terra d’origine, inoltre, visse la tragedia di due guerre mondiali non perdendo mai la speranza. La guerra, generatrice di tante povertà, fece crescere in Madre Michel l’esperienza di una vita di preghiera e allo stesso tempo la sollecitudine amorosa verso i poveri. Le case e i ricoveri delle Piccole Suore della Divina Provvidenza, per volere di Teresa Michel furono luoghi di rifugio umano e spirituale per tanti e non chiusero mai le loro porte a chi cercava riparo. Questa scelta di accoglienza evangelica fu una testimonianza decisiva della grandezza della vocazione della Madre Michel, ma resta anche un esempio per i nostri tempi confusi e incerti in cui tante guerre dimenticate sono in corso e altre se ne annunciano all’orizzonte. Pregare per la pace e accogliere le domande dei sofferenti e delle vittime delle guerre è la strada che la Madre lascia tracciata anche per noi in questo tempo.

Teresa era partita con la domanda del giovane ricco: “Che mi manca ancora?”. Ma poi, dopo aver venduto tutto e avere seguito Gesù, scoprì quanto fosse vero ciò che si legge alla fine di quella stessa parabola e cioè che “chiunque avrà lasciato case o fratelli, o padre, o madre, o figli o campi per il mio nome riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna”. Perché i numerosi poveri che avvicinò non furono solo destinatari di qualche aiuto o di qualche assistenza: la sollecitudine che Madre Teresa Michel ebbe per loro li fece diventare veri e propri parenti, facenti parte, insieme alle sue consorelle, di quella stessa famiglia che il Signore aveva voluto suscitare e che ancora oggi vive lo stesso spirito e la stessa vocazione.

Marco Impagliazzo

Il nostro testimoniare Cristo risorto con il nostro ‘prezioso carisma’ rende credibile il servizio cristiano verso i poveri più poveri (di noi!) o ci riempiamo la bocca di parole vane?

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