I beati che vedono Dio

PUREZZA DI CUORE PER VEDERE DIO

«Purezza… sì, sforzatevi d’essere pure, 
nei giudizi, negli affetti, nelle intenzioni e
–  conforme alla divina promessa – 
sarete tra i beati che “vedono Dio”,
ossia che sanno scorgere la sua mano e Volontà amorosa 
in tutti gli avvenimenti,  lieti o tristi, 
della vita terrena».

 

È il messaggio che Madre Teresa rivolse alle sue Figlie per il giorno di Natale – quando il cuore  più spontaneamente si apre si apre all’abbandono della tenerezza -, nel 1937, nel momento in cui sulla sua vita si addensava il crepuscolo – quando si raffina il succo di innumerevoli meditazioni -.

La purezza, sì! Ma che cos’è? Facile rispondere: Quando il vino, l’oro.. sono puri? Quando non contengono nulla di estraneo che li inquini. Lo stesso per il cuore e per la mente: sono puri quando non accolgono elementi che li distraggono dallo scopo per il quale sono stati creati.
Ora, tempo di esperienza ci dichiariamo che la vita è una via, che conduce ad una meta. La vita migliore non è quella più decorata di manifesti che reclamizzano merci: svagano ed espongono, conseguentemente, ad incidenti, è invece quella che più sicuramente e più rapidamente porta al luogo prefisso.

Purezza è, quindi, evitare deviazioni, scartare gli ostacoli che possono impedire o almeno rallentare il cammino, difendersi dalla stanchezza che insidia la tenace regolarità del percorso.
La vita non è un fiore che sboccia, vigoreggia, appassisce, né una fiamma che s’accende, risplende, si spegne. È una marcia per terreni ora aspri di pietre, ora molli di fango, ora pungenti di spine, per climi ora soffocanti di calura, ora gelidi di brina, ora offuscati di nebbia. Il problema è quello di avanzare, sempre, attraverso a tutti gli ambienti, in tutte le situazioni: tutto ciò che frena, o addirittura ferma, è rovinoso: produce fallimento; avvelena il sangue che conferisce vigoria alle azioni e benessere allo spirito: è impurità.

Purezza è mantenere integro lo sguardo, salda la volontà, convinta la coscienza che siamo diretti ad una destinazione grandiosa e magnifica; la vita non è inerzia statica, è conquista dinamica: il pericolo è afflosciarsi su di sé, lasciando languire la fede ed avvizzire la speranza: la vittoria è mantenere sempre alacre l’entusiasmo e sicura la certezza che andiamo là, dove Lui ci aspetta: subito dietro l’oscurità del bosco ci sono braccia paterne aperte ad accoglierci.
Alla partenza, di norma, è agevole il fervore: la novità attira, le prospettive generose fanno sognare… poi sottentra la realtà con le sue componenti di fatica, di noia. La visibilità si offusca, la fede può venire avvolta da banchi di foschia, sull’anima rischia di stendersi una coltre di ansia che aggrava il respiro. S’insinua la tentazione di infiacchire l’andatura, magari di arrestarsi: in ogni caso di lasciarsi passivamente trasportare dal trascorrere dei giorni e dalle strutture dell’Istituzione. È il bacillo più pericoloso, l’avvelenamento del sangue più pernicioso: è “il demonio del mezzogiorno”, tanto paventato dagli antichi asceti.

Purezza di cuore è allora elevarsene al di sopra, è gurdare con risolutezza laggiù, al fondo dell’orizzonte, è far risplendere oltre le nubi, sia temporalesche sia stagnanti, la certezza: è vederlo. Sì, purezza è condizione e mezzo per vedere Dio. Solo questo ma questo è tutto: siamo partiti da lui ed a Lui siamo chiamati a ritornare: è il nostro destino: immensa esaltante visione!
Quanto minuscole al confronto ci debbono risultare le piccole – grandi contrarietà, dalle quali ci lasciamo – talora’ spesso? – amareggiare le giornate: ingiustizie vere o presunte, misconoscimenti, maltrattamenti, irriuscite…screpolature sulla massicciata del nostro viaggio; come ce ne demoralizziamo, eppure quanto sono insignificanti per chi “guarda laggiù”!

Purezza di cuore è tendere là, senza dispersioni;  è valutare tutte le cose sul criterio di ciò che accelera od ostacola il nostro cammino verso di Lui… è, insomma, “scorgere la Sua Mano e Volontà amorosa in tutti gli avvenimenti, lieti o tristi, della vita terrena”.

Enrico Trisoglio, FSC

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