Comunità di Sant’Egidio, la festa per i 52 anni nella basilica di San Giovanni in Laterano
Il “popolo” di Sant’Egidio – italiani e immigrati, diverse generazioni, tanti amici – si è riunito nel pomeriggio di ieri, 8 febbraio, nella cattedrale di Roma, San Giovanni in Laterano, per una liturgia di ringraziamento per i 52 anni di vita della Comunità presieduta dal Segretario di Stato, il card. Pietro Parolin.
Saluto di Marco Impagliazzo,
presidente della Comunità
Buonasera! La mia è una parola di ringraziamento a nome della Comunità per la presenza di tante persone a questo anniversario, cinquantaduesimo, di Sant’Egidio: ringrazio ciascuno per essere qui ad accompagnare il nostro cammino a Roma e nel mondo. Saluto tutti i presenti e un particolare pensiero rivolgo alla Signora Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ringraziandola per la collaborazione sui vari corridoi umanitari e l’integrazione dei migranti. Un grazie di cuore va ai Signori cardinali e ai Vescovi e al Signor Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin per le sue parole così affettuose e che ci invitano alla responsabilità, essere sale e essere luce. Siamo grati per la sua presenza! La preghiamo di trasmettere il nostro ringraziamento e il nostro affetto al Santo Padre Francesco. Con il papa, nostro Vescovo, sogniamo una Chiesa popolo di tutti, nessuno escluso, perché la misericordia del Signore tocchi il cuore di tutti, senza esclusioni. Oggi, con Lei e i tanti che sono in questa cattedrale di Roma, guardiamo al futuro della nostra città come una città fraterna. Verso questo sogno si muove una Comunità in uscita verso le periferie della città e del mondo. La città è stata sempre il nostro orizzonte, fin dai primi passi. Soprattutto la città nascosta e sconosciuta, quella delle povertà e dell’esclusione. I primi bambini della scuola della pace Andrea Riccardi e i suoi amici li incontrarono sul greto del Tevere, nelle baracche – erano tantissime alla fine degli anni Sessanta – popolate allora di immigrati dal Sud dell’Italia. Li nacque la Scuola della Pace e i tanti percorsi di solidarietà che giungono fino a oggi. La Parola di Dio è la nostra bussola, la città il nostro orizzonte. Roma ci ha aperto all’universale, da Roma abbiamo incontrato tanti mondi, spesso di povertà e di conflitto. Qui è nato anche il nostro impegno per la pace, che Lei ben conosce, e che ha citato Eminenza. Oggi la pace è il desiderio di milioni di persone, in un mondo diviso e segnato da conflitti di vario genere. Non ci siamo tirati indietro da questa responsabilità, di cercare la pace. Diceva Giovanni Paolo II: “La pace è un cantiere aperto a tutti, non solo agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale: essa passa attraverso mille piccoli atti della vita quotidiana”. Oggi sentiamo ancora più attuale questo invito. Vogliamo essere un incoraggiamento e una via per quanti non credono alla logica dello scontro, della contrapposizione violenta, dell’odio, lavorando ogni giorno per superare i conflitti, le logiche di divisione e ricucire il tessuto della società laddove è lacerato. In tante situazioni è necessario uno sguardo profondo, ma anche amico e partecipe, libero dal distacco dell’osservatore impaurito. Non si può restare indifferenti! Ci ha detto papa Francesco visitandoci a Trastevere: “Andate avanti su questa strada: preghiera, poveri e pace. E camminando così aiutate a far crescere la compassione nel cuore della società – che è la vera rivoluzione, quella della compassione e della tenerezza -, a far crescere l’amicizia al posto dei fantasmi dell’inimicizia e dell’indifferenza”.
La vita nella periferia di Roma e nelle periferie umane e esistenziali del mondo ci ha dato tante lezioni. Ci ha insegnato tanto. Innanzitutto, a crescere in umanità. Gli incontri con persone di ogni condizione e provenienza, anno dopo anno, sono stati la nostra scuola: la strada come una storia. Chi di noi ha incontrato un povero, si è fermato ad ascoltarlo, ne è divenuto amico, ha ricevuto ciò che non si sarebbe immaginato. È stata l’esperienza di Francesco d’Assisi, che dopo l’incontro con il lebbroso, disse che il Signore aveva trasformato in dolce ciò che gli sembrava amaro. Ma ciò può accadere nella vita di tutti noi. E con i poveri gli incontri con tante persone. Auguro a tutti di noi, insieme alla Comunità di Sant’Egidio, di essere ogni giorno uomini e donne che cercano ciò che unisce e lasciano da parte ciò che divide. Di questo ha bisogno urgente il nostro mondo. Grazie per la vostra presenza.
Laterano, 8/2/2020.