Attualità

MADRE MICHEL E I POVERI

Vetrate della Chiesa di Spinetta Marengo

 

Ogni giorno muoiono 10 mila persone perché non possono permettersi cure sanitarie. E 262 milioni di bambini non vanno a scuola.

Dal Rapporto Oxfam 2019, pubblicato alla vigilia del meeting annuale del Forum economico mondiale di Davos (Svizzera), emerge che l’1% più ricco possiede metà della ricchezza aggregata netta totale del pianeta (il 47,2%), mentre 3,8 miliardi di persone, che corrispondono alla metà più povera degli abitanti del mondo, possono contare sullo 0,4 per cento. Un divario che si riflette su tutti gli ambiti della vita – istruzione, salute – e può innescare una devastante spirale della violenza. In Italia, il 5% più ricco detiene stessa quota di ricchezza posseduta dal 90% più povero del Paese.

Come porre fine a disuguaglianza e povertà?

Ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di aiuto. Sempre ci sarà solitudine. Sempre ci saranno anche situazioni di necessità materiale, nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo. Ci vogliono delle persone che hanno un cuore in cui pulsa l’amore suscitato dallo Spirito di Cristo, e che nel caso concreto cercano di aiutare meglio che possono, come ha fatto la beata Teresa Grillo Michel, fondatrice della Congregazione delle Piccole Suore della Divina Provvidenza.

 

Il legame tra Madre Teresa Michel e i poveri è talmente stretto che si può definire sia stato, insieme al Vangelo, il cuore della sua vocazione. Non a caso nel “Primo Regolamento” della futura Congregazione si leggono numerosi riferimenti alla necessità di mettere in primo piano le esigenze di chi ha più bisogno. Con riferimenti cristologici, ma anche – con molta concretezza – con indicazioni sul compito primario che avrebbero dovuto assolvere le Piccole Suore della Divina Provvidenza. Nel capitolo 2, dopo aver ricordato l’esistenza di “pubbliche opere di beneficenza che escludono spesso i più bisognosi d’asilo e soccorso”, si esprime una ferma raccomandazione: «Lungi dal ricopiare qualcuna delle Pie Istituzioni già esistenti, questa delle Figlie della Divina Provvidenza si propone di accogliere, fidata negli aiuti della Provvidenza medesima, le bambine orfane od illegittime, le deficienti, le epilettiche, le vecchie incurabili che, o per mancanza di mezzi o di altre condizioni volute, non possono essere accettate in alcuno degli orfanotrofi o ricoveri pubblici». In altre parole, si esprime una radicalità estrema nell’accoglienza verso chi aveva bisogno, senza operare distinzioni che avrebbero potuto portare ad un rifiuto e ad un’esclusione basata su pregiudizi. Del resto, anche il “Riassunto delle Regole” di vita interna fa ben capire sin dall’inizio che i poveri sono il metro con cui misurare la propria condotta, a partire dalla gestione ordinaria delle proprie giornate: «Alle 8.30 lavoro e studio procurando di custodire bene il tempo onde non mangiare il pane dei poveri a tradimento».

Il punto di partenza è l’identificazione tra Gesù e il povero. Dal libro che ha scritto Carlo Torriani sulla sua vita e sui suoi “fioretti”, si legge una bella storia che fa capire molto della spiritualità di Madre Michel riguardo ai poveri. Racconta di una consorella che fu invitata a seguirla per compiere una visita a una “gran signora” sua conoscente: «Tutta lieta – racconta la suora – mi posi al suo fianco. Per le vie della città non facemmo che pregare, poi, entrate in un portone, salimmo su su, fino ai tetti. In una soffitta giaceva a letto una povera vecchietta, che accolse la Madre con grande festa. Madre Teresa le si sedette accanto, la confortò con dolci parole, le consegnò un pacco e del denaro; poi la salutò – E dalla gran signora, non andiamo Madre? – osai chiedere. – Ci siamo già state, mia figliola, – rispose col suo bel sorriso. – Tutte le persone povere devono essere le nostre grandi signore; nei poveri, specialmente quelli più abbandonati, dobbiamo vedere Gesù». I poveri, si legge in un altro passaggio dello stesso libro, sono sempre una priorità e impongono di cambiare programma anche quando si è impegnati o si hanno davanti a sé persone importanti: «Quando si tratta di poveri ammalati, si tratta dei nostri padroni ed hanno diritto di precedenza».

Il rapporto con i poveri non manca mai nel corso di tutta la vita di Madre Teresa, tanto che sente quasi un disagio fisico nei momenti in cui, temporaneamente, non certo per scelta, si trova ad esserne privata, come si legge in un passaggio di una lettera scritta nel giugno del 1931 a suor Concetta, di fronte ad una situazione che non aveva ancora sperimentato: «L’andare in una Casa nuova, costruita solo per le Suore, mi spaventa, e non vedendovi più i poveri, mi pare di non avervi più il mio posto e di aver finito la mia piccola missione su questa terra. Dio m’illumini e mi dia la forza e la grazia di compiere la sua volontà sempre, a costo di qualunque sacrificio!».

I poveri si devono sempre “vedere”, devono essere al primo posto, ma lei al contrario potrebbe o anche vorrebbe scomparire “perdendosi” nel servizio agli ultimi, come scrive a suor Agnese da Queluz de Minas il 14 dicembre 1906: «Ora sono qui, vi sto bene, e vorrei potervi stare nascosta a lavorare per i miei poveri ammalati, se il Signore me lo permettesse, anche fino alla fine della mia vita. Temo solo che mi vengano a cercare, e vorrei che tutti, fuorché le mie Figlie, ignorassero che io sono ancora in vita. Oh! che bella vita, essere nel mondo come se non vi ci si fosse!».

È proprio lì, accanto ai poveri, che Madre Michel vede il suo posto, in un sentire spirituale che non dimentica mai le necessità materiali, il dovere di offrire sempre ai suoi figli più piccoli ciò di cui hanno bisogno.  In questo senso l’ansia per la crescita dei poveri attorno alle sue opere si fa attenzione concreta e ricerca di aiuti, ma anche richiesta di una fede più grande per provvedere al necessario: «I poveri – scrive a suor Camilla nel 1926 – aumentano a più non posso, e si vorrebbe potere allargare le braccia per accoglierne tanti sotto le ali della Divina Provvidenza. Abbiamo bisogno d’una grande fede per poter camminare sempre avanti collo sguardo fisso in Dio, e in Dio solo, e col cuore ardente di carità per Lui e per i suoi poveri».

È molto significativa – anche per i tempi che stiamo vivendo oggi – la grande attenzione che la fondatrice delle Piccole Suore della Divina Provvidenza aveva verso una categoria particolare di poveri, come gli emigrati italiani che assisteva in Brasile all’inizio del Novecento, come si legge in una lettera scritta da San Paolo nell’agosto del 1906: «Siamo italiane, e purtroppo per questo troviamo maggiori difficoltà. La Divina Provvidenza ci portò qui già da 6 anni forse per aiutare i nostri poveri connazionali che vi sono tanto numerosi e che mancano assolutamente d’istruzione religiosa, particolarmente quelli dell’interiore. Noi ci sentiamo di andare vicino ai nostri poveri contadini per aiutarli, istruirli, curarli nelle Sante Case (Ospedali) che vi sono nei piccoli centri che non sono ancora città».

La povertà legata all’emigrazione, ma anche la povertà legata alla guerra e alla pesante eredità che lascia sempre, perché nella sua vita Madre Michel ne ha sentito e provato le sue ferite più profonde nel servizio che, insieme alle sue consorelle, svolgeva in Italia e in tante parti del mondo. Una lettera scritta da Alessandria nell’ottobre 1919, subito dopo la prima guerra mondiale, le descrive bene: «Quante vicende in questi tristissimi tempi! La fine insperata e miracolosa della grande guerra, ed ora questo dopoguerra più minaccioso quasi del prima. Il rincaro enorme dei viveri e di tutti i generi rende la vita insostenibile per tanti. I poveri aumentano sempre e il nostro Piccolo Ricovero dovrebbe essere ben grande per dar ricetto a tanti poveri infelici che vengono a raccomandarsi per avere un asilo».

Ma nel suo amore per i poveri Madre Teresa non resta mai sola. Vuole sempre, con forza e con passione, trascinare in questa bella avventura evangelica anche le sue consorelle, che devono assumere prima di tutto la qualità di amiche dei più deboli, prima di ogni altro merito, anche acquisito con lo studio, a cui comunque riserva la sua importanza. Si legge nel Primo Regolamento, che risale al 1988: «Quantunque l’Istituto – in conformità ai suoi fini – si proponga d’accettare direzioni d’Asili Infantili, e concedere le Suore per assistenza di malati negli ospedali e a domicilio, non si esigerà che le aspiranti abbiano titoli di maestre o d’infermiere, ch’è, mostrandovi disposizione, potranno acquistarli; ma si richiederà che abbiano attitudine ad essere madri e sorelle amorose dei piccoli e dei poveri, essendo questa la caratteristica indispensabile ed essenziale d’una Figlia della Divina Provvidenza chiamata ad incarnare l’angelo della pietà nel campo del dolore».

Ma ancora, soprattutto, nello stesso regolamento che segna gli inizi della vita delle Piccole Suore della Divina Provvidenza, la raccomandazione più importante: «Soccorrete i poveri con spirito di fede pensando alle parole di Gesù Cristo: “Ciò che fate al più piccolo dei miei poveri l’avete fatto a me stesso!”».

 

Prof. Marco Impagliazzo

Presidente della Comunità di S. Egidio

 

 

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