Emarginazione ed esclusione sono diventate sistema

Atteggiamento di fede in rapporto agli altri

Vivere la fede, da individui e in quanto Chiesa, nei rapporti fra gli uomini, significa:Vedere gli altri, l’umanità, con l’amore di Dio

La fede in Dio Creatore significa credere che ogni uomo e tutto quanto esiste è stato creato e costituito “nel bene”; che il peccato è qualcosa di sovrapposto, ma che non annienta l’originale bontà del creato: Dio è più grande del maligno. La fede in Cristo redentore, poi, ci fa credere che ogni singolo e l’umanità stessa sono stati ormai salvati “in radice” e che i rinati dall’acqua e dallo Spirito santificatore sono Figli di Dio, corpo di Cristo, templi dello Spirito.

Allora, vedere nella luce di Dio ogni uomo –e tutto il genere umano- significa vederlo nella sua radicale bontà, nel suo essere immagine e somiglianza di Dio, nella sua più profonda identità di figlio di Dio, di famiglia di Dio, e nella sua condizione di tempio dello Spirito; scoprire tempi e culture e popoli come ambiti in cui sono presenti i semi del Verbo, i segni della sua presenza.

Ecco allora la sfida: in un mondo interdipendente in cui emarginazione ed esclusione sono diventate sistema, come esprimere/vivere la fede negli altri, persone e società? Come chiamare Dio “Padre”?

Dare fede all’ “altro”, al singolo e all’umanità

Se tale è il modo di porsi davanti ad ogni “altro”, il primo impulso della fede é farlo sentire degno di fiducia, per il solo fatto di essere “persona”, degna di essere amata; fare che ogni altro –povero o ricco, erudito o incolto, simpatico o meno, ecc.– abbia la sicurezza che occorre per esprimersi nella sua originalità.

Per questo atteggiamento di fede che genera fiducia, si stabilisce il rapporto di uguaglianza in dignità con ogni persona. Tale atteggiamento stimola nell’altro la sua capacità di reciprocità, di ridonare fiducia a colui che glie l’ha data per primo. Si offre così ad ogni altro l’opportunità di mostrare chi è e chi vuol essere. Tanti sono privi dell’esperienza di essere amati da Dio perché nessuno ha dato loro tale fiducia gratuita, che esprime l’amore e la paternità di Dio.

Ma è possibile questo in una società che sembra opporsi, perfino strutturalmente, a questi valori? La fede contesta una cultura e un sistema di rapporti “selvatici” e si impegna per generare un dinamismo di rapporti fraterni, a favore di un mondo più umano.

Assumere il rischio di dare fede-fiducia

Se guardiamo con maggiore oggettività, il bene che c’è attorno a noi –persone, atteggiamenti, azioni–, scopriamo che è ben più grande del male e delle sue espressioni. È indispensabile demolire le barriere e rompere il cerchio che tengono lontani gli uni dagli altri, per scoprire l’altra faccia delle persone, la loro capacità di amare.

Dare agli “altri” la fede che dobbiamo a Dio esige fare il primo passo verso l’altro, assumere il rischio di non essere accolti, accettare l’incognita della sua reazione, della risposta che darà alla fiducia offertagli. Ma é questa la sfida della fede: testimoniare la “fede” con la quale Dio ha creduto nell’umanità e in ogni singolo, sia nel crearci liberi sia nel salvarci nella libertà dei figli di Dio.

Interpretare l’ “altro” nella fede

La fede nell’altro non va confusa con una visione ingenua, superficiale o illusoria; parte dalla coscienza della dignità di ognuno, ma senza dimenticare il suo limite. Accettando ogni altro nella sua dignità personale lo scopre anche nel suo limite, nella sua distanza da Dio, dagli altri, da quel che è chiamato a essere: distanza da superare per raggiungere la pienezza secondo il disegno di Dio.

L’altro è visto dalla fede sia nella sua vicinanza a Dio, sia nella sua distanza da Lui. Così, la fede in esso diviene correzione e promozione fraterna per fare emergere il meglio di ognuno, perché possa superare i suoi limiti e peccati.

I cristiani sono chiamati a crescere insieme nella fede, nell’esperienza della fede condivisa, per trasformare tutti i rapporti in processi di mutua edificazione, in Cristo Gesù.

Edificare la comunità di discepoli di Cristo

La fede nell’altro riconosce tutti  “con-vocati” alla fede in Cristo, a partecipare alla vita di Dio e a edificare il popolo di Dio. Il dono della fede mette tutti in situazione di “servizio”. La fede scopre Cristo presente nella comunità ecclesiale e serve alla sua crescita.

La fede diviene impegno per edificare la comunità dei discepoli di Cristo. Ciò implica riconoscere quanto costituisce l’ideale della comunità ecclesiale, scoprire i dinamismi di crescita presenti in essa, organizzare i mezzi e le risorse necessari per servire efficacemente tale crescita.

La fede “sa” che Cristo è presente e vivo nel suo popolo e lo spinge col suo Spirito verso l’unità salvifica universale. La fede “sa” che la via all’unita è aperta a realizzazioni sempre più piene e perfette. La fede, perciò, si fa itinerario di crescita comunitaria perché si realizzi in forma sempre più perfetta il “noi”, l’unità della comunità, del popolo che Dio ha fatto suo facendosi Egli stesso Dio del popolo. Di un popolo che, nella fede, vive da straniero e pellegrino, in processo costante di configurazione con Cristo, nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

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