DIO È AMORE
Amiamoci gli uni gli altri
7Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. 8Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. 9In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. 10In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
11Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. 12Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. 13In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. 14E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. 15Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. 16E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui (1Gv 4,7-16).
Biografia
Evangelista, apostolo, santo (sec. I d. C.). Nato a Betsaida e pescatore nel lago di Tiberiade, era figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo il Maggiore. Forse discepolo del Battista, fu chiamato da Cristo (Matteo 4, 21-22) e ne fu il discepolo prediletto (Matteo 17, 1), ricevendo tra l’altro alla morte di Gesù il compito di sostituirlo nei doveri di figlio verso Maria. Secondo gli Atti degli Apostoli ebbe incarichi direttivi a Gerusalemme. Morta Maria, andò a Efeso e resse le chiese dell’Asia. L’agiografia dice che Giovanni, perseguitato da Domiziano, uscì illeso dal martirio. Relegato nell’isola di Patmos, vi avrebbe scritto l’Apocalisse. Morto Domiziano, sarebbe ritornato a Efeso e ivi sarebbe morto quasi centenario. Oltre all’Apocalisse, la tradizione lo dice autore anche di tre Epistole e del IV Vangelo. Festa il 27 dicembre.
Iconografia
Il santo compare abitualmente, con aspetto giovanile, nelle rappresentazioni plastiche e pittoriche dell’Ultima Cena e, sempre giovane e imberbe, in quelle della Crocifissione, ai piedi della Croce, accanto alla Vergine che spesso sorregge. Altra rappresentazione frequentissima di San Giovanni Evangelista è quella che lo mostra nelle sembianze di un vecchio barbuto e imponente, con accanto l’aquila che costituisce il suo simbolo; sia giovane, sia vecchio compare spesso nell’atto di compilare il Vangelo (miniature bizantine; Ghiberti, formella della porta N del Battistero di Firenze; statua di Donatello nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze). Abbastanza comune la raffigurazione della sua assunzione in cielo (Giotto, cappella Peruzzi in S. Croce).
Epistole di Giovanni
Tre sono le lettere attribuite dal canone cattolico all’apostolo Giovanni, collegate tra loro nell’identità dei problemi di fede e di testimonianza cristiana. La I fa un quadro dei gravi errori che dilaniano l’unità della Chiesa e propone rimedi in tono pastorale; la II e la III sono semplici biglietti a singoli destinatari e solo la II ha un accenno all’Anticristo e alla sua opera nefasta. La critica moderna attribuisce la I all’autore del IV Vangelo o a un suo discepolo, esclude invece la paternità dell’apostolo Giovanni per la II e la III e gli preferisce il “presbitero” Giovanni; la data di composizione è fra il 90 e il 110.
Vangelo di Giovanni
È il IV Vangelo, che si differenzia dai tre sinottici per la cronologia, il quadro geografico dell’attività di Gesù, l’interpretazione della sua persona e della sua opera. Nel Vangelo di Giovanni non si nomina esplicitamente il suo autore, ma la precisione di tutti i particolari narrativi porta a pensare che si tratti di un testimone oculare, forse il discepolo anonimo menzionato in 1, 35-40 e 18,15 oppure “il discepolo che Gesù amava”, anch’esso anonimo. Ma questi potrebbe essere soltanto una figura ideale del discepolo perfetto. Tradizionalmente autore del IV Vangelo è considerato Giovanni di Zebedeo; comunque è un pensatore originale, palestinese, forse di Gerusalemme e appartenente al ceto sacerdotale. Gli studiosi credono di riscontrare nel Vangelo di Giovanni uno schema settenario, simbolo della “pienezza” che è il Cristo. Per quanto l’autore faccia uso della parola Logos, il che potrebbe fare sospettare un processo di ellenizzazione dell’originario messaggio di Gesù, un’analisi approfondita mette in luce la base religiosa giudaica: il continuo rifarsi all’Antico Testamento, il dualismo luce-tenebre, verità-menzogna, vita-morte, il concetto di Padre vivente, l’escatologia, sono tutti motivi giudaici. L’autore ha scritto probabilmente il suo Vangelo per interpretare i primi tre; perciò ha scritto più tardi, rivolgendosi a persone cui non erano familiari taluni fondamentali concetti giudaici. Tema centrale del pensiero giovanneo è la vita: una parola che ritorna nel Vangelo 19 volte, in corrispondenza con il concetto evangelico di “regno presente”. Interessante è altresì l’insistenza sull’amore (14, 9-11).