Capire Teresa
Se vuoi essere perfetto …
Ci sono molti modi di rapportarsi con i poveri e di fare loro del bene. C’è l’assistenzialismo usato come ammortizzatore sociale, con il quale la società intende in realtà difendersi dai poveri, dai conflitti e dai disordini che possono provocare. C’è beneficenza dei ricchi, fatta cadere dall’alto, in modo da sottolineare la differenza, il dislivello, il fatto che essi, i poveri, hanno bisogno. È un modo sottile e raffinato di umiliarli, di convincerli della loro inferiorità, di indurli alla sottomissione.
C’è poi quella forma di generosità, senza dubbio genuina, ma che cerca soprattutto la propria gratificazione. È felice che ci siano i poveri, perchè così può provare piacere di beneficiarli. È una specie di autoglorificazione.
«C’è più felicità nel dare che nel ricevere»:
è un detto attributio a Gesù da un’antica fonte, ma non registrato nei vangeli: Era questa, probabilmente, la generosità di Teresa prima della «conversione». Che indubbiamente ci fu. La lettera, scritta al cugino avv. Federico Pasquarelli il 2 luglio 1900, ne è una testimonianza molto chiara. Teresa la fa risalire alla sua visita al Cottolengo di Torino. Le conversioni non sono così semplici: sono un processo lungo e complesso. Un processo di demolizione del passato, di ristrutturazione e di ricostruzione. Ma ci sono dei momenti in cui questo processo viene alla luce in modo particolare e che, quindi, si possono datare.
È una specie di «Pasqua» dello spirito, un passaggio: dal «dare» al «darsi». Dal dare l’elemosina ai poveri, ma stando dalla parte dei ricchi, al darsi ai poveri: passando dalla loro parte, essere uno di loro, chiedere l’elemosina insieme a loro. Il ragazzino Alfredo, il caratterino, l’asinello: è la nuova vita di Teresa. A trentasei anni Teresa «rinasce» così.
L’episodio evangelico di Matteo 19,16-22 è illuminante. Il giovane ricco, buono, generoso, pieno di ottime intenzioni, vuol sapere che cosa fare per avere la vita eterna.
«Osserva i comandamenti»
Tutte queste cose Teresa le ha fatte fin dall’adolescenza.
«Se vuoi essere perfetto…»
Quello che il ricco non ha saputo fare, Teresa lo ha fatto. C’è molta differenza tra il fare l’elemosina e il chiederla. Può succedere a chi ha sempre fatto l’elemosina di dover un giorno chiederla, ma è una grossa disgrazia. Farlo per scelta volontaria non può che essere considerata una pazzia.
Che Teresa sia stata contestata dalla buona società entro la quale aveva sempre vissuto è una cosa normale. Che tutti gli sforzi siano stati diretti a «normalizzare», e ricondurre entro le regole del buon senso, del decoro, della regolare contabilità, ecc., una situazione umanamente insostenibile, è altrettanto normale.
Rimane da capire Teresa
La sua era incoscienza, ingenuità, incapacità o era, anch’essa, contestazione della società che la contestava, pur ammirandola e aiutandola?
don Piero Ferraris