l’esempio di Maria

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Imitazione di Maria

 

Nella vocazione di Teresa Michel la devozione alla Madonna riveste un’importanza particolare. Strettamente legata all’origine della sua chiamata, accompagna tutto il percorso spirituale e umano della fondatrice delle Piccole Suore della Divina Provvidenza. Si legge nel Primo Regolamento della sua Congregazione; “La devozione a Maria Santissima deve essere la prima dopo quella del Sacro Cuore di Gesù. Comportatevi sempre come spose di Gesù e degne figlie di Maria. Abbiate sempre una speciale e filiale confidenza nelle pene, nei bisogni e nelle tentazioni, consacratevi tutti i giorni al servizio suo”.

Risulta chiaro da queste parole quanto l’esempio di Maria non fosse per lei qualcosa in più, ma – sotto ogni aspetto – la chiave privilegiata per entrare nel mistero del Figlio, per comprenderne più a fondo la passione per gli uomini e le donne di questo mondo, per mettere in pratica il Vangelo e comunicarlo a tutti. Era per Teresa Michel la premessa indispensabile per pronunciare un «sì» pieno e generoso al Signore, per avvicinarsi a lui, proprio perché rappresentava il modello del vero discepolo di Cristo.

Si tratta di una devozione di cui si nutre sin dall’inizio del suo cammino spirituale e che presenta numerosi e diversi aspetti. Proprio all’origine della vocazione di Teresa Michel ne appare uno, tra i più importanti: Maria come madre. È significativo che, nutrita dalla lettura delle Scritture, la chiamata iniziale, per lei, disorientata e afflitta dopo la morte improvvisa del marito, fu proprio una vocazione alla maternità: “Sarai madre”. È per questa chiamata ad essere “madre” che Teresa abbandona l’agiatezza della sua famiglia e comincia a vestirsi con abiti modesti fino a farsi mendicante per i bisognosi e a spingersi in Francia per questuare con un semplice carretto.

Occorreva essere madre come lo fu Maria, la madre di Gesù, con il suo amore misericordioso e premuroso. Una vocazione materna che non deve mai trasformarsi in pura e semplice responsabilità gerarchica, ma conservare sempre una dimensione familiare, come scrive a suor Maria Gilet il 14 aprile 1912: “Sii dunque Madre più che Superiora; che questa parola non si faccia mai sentire fra noi. Siamo sorelle, vogliamoci bene essendo tutte figlie della medesima madre e suddite della nostra unica Superiora, Maria Santissima”. La Madonna come madre che accompagna e protegge la vita delle sue sorelle, appare da tanti scritti di Teresa Michel e da tante sue lettere. È madre di una famiglia che si crea attorno al Vangelo, secondo l’esempio della Sacra Famiglia, che non teme le insidie del mondo perché ha fede. Scrive nel dicembre del 1937: “Nulla vi è a temere, come nulla temettero Maria e Giuseppe, esuli a Betlemme per il censimento; è d’uopo però sforzarsi di imitare il loro esempio di eroico abbandono alla tutela dell’Eterno”.

L’affidamento alla Madonna riveste per Teresa Michel un po’ tutti gli aspetti della vita, ma soprattutto quelli che riguardano la vita dei piccoli e dei poveri. Le raccomandazioni alle sorelle che condividevano la sua vocazione è piena di riferimenti a questa “materna protezione” a cui bisognava affidare i bisognosi e che supplisce alle debolezze nella loro missione. Sono i poveri delle sue case, quelli che bussavano alla sua porta e che lei accoglieva, aiutava, consolava cercando proprio di imitare la preoccupazione materna di Maria. Nel dicembre del 1900 affida un gruppo di ragazzi epilettici “sotto il suo manto” perché “con una sì buona mamma non possono più nulla temere”. In un altro scritto parla della Madonna come la “Stella dei miserabili”. Più in generale raccomanda alle sue sorelle di imitare Gesù e sua madre nella generosità: “Siate dunque generose, e fatevi piccole piccole per poter avere accesso più facile nel Cuore di Gesù; a questo vi faciliterà molto il Cuore dolcissimo della nostra Madre Celeste”.

Nel cuore di questa devozione c’è il Magnificat, la necessità di abbassarsi per essere innalzati, l’umiltà che fa poveri e amici dei poveri. Scrive a suor Agnese nel febbraio del 1925: “Io continuo a pregare per te, nella speranza che la Vergine Immacolata ti faccia parte in questi giorni dei tesori alla Sua sapienza ed umiltà, per i quali appunto è stata innalzata sopra ogni creatura…”. Sempre alla luce del Magnificat si può leggere l’insistenza con cui raccomanda alle sue sorelle di essere “schiave” della madre di Gesù. “Sì, – scrive a don Orione – non possiamo proprio far nulla senza Maria… Maria ci è necessaria per tutto, e proprio schiave Sue per poter essere tutte di Gesù”. Ma qui “schiave” è da intendere come “serve” del Vangelo e dei poveri e Maria come figura dalla quale dipendere per comprendere come vivere nella carità fraterna.

Si tratta di una riflessione che ripete più volte a se stessa, chiamandosi “schiava d’amore” e che propone a tutti come via per il cambiamento personale: “Bisogna morire per questo, di quella morte mistica forse più dolorosa al nostro amor proprio della naturale”. È la battaglia perenne del cristiano contro l’“amor sui”, che è resistenza all’amore del Signore, la necessaria conversione del cuore che Teresa Michel lega alla sequela di Gesù e, al tempo stesso, all’accompagnamento materno di Maria: “Pensai meglio di venire subito qui – scrive nel 1904 a don Orione dalla Valle di Pompei -, anche per fare un atto di ossequio alla Madonna, alla quale devo se ho ancora potuto risorgere a nuova vita, come questa Valle di desolazione e di morte nella quale vedo tanta misteriosa analogia colla mia vita, essendo stata risuscitata anch’essa per virtù della misericordia di questa Madre Divina”.

La Madonna si rivela proprio come la madre alla quale chiedere di poter cambiare la propria vita in modo radicale, come rivela un’altra lettera indirizzata sempre a don Orione: “Padre, oggi è giorno della Madonna, la festa dell’Annunciazione, e quella dei suoi dolori. Vorrei poter fare qualche cosa per questa buona nostra Madre. Vorrei incominciare davvero una vita nuova tutta intensa a servirla, ad onorarla, ad amarla”. Ed è alla Madonna che ci si affida nei momenti di sconforto:  “Per conto mio – scrive sempre a Don Orione, con il quale condivide la forte devozione a Maria – sto qui aspettando di conoscere la volontà di Dio, purtroppo un po’ scoraggiata, stanca, e senza forze per andare innanzi. Confido però che la Madonna SS.ma mi vorrà aiutare a uscire da questo stato tanto miserabile, e per questo prego”.

Colpisce anche come Madre Michel si rivolga a Maria per ogni aspetto della sua vita e di quella delle sue sorelle, senza dividere lo spirituale dal materiale, sentendo in altre parole una stretta unione tra anima e corpo: “La Madonna, da buona Mamma – afferma nel luglio del 1931, rivolta alle sue suore – vi curerà nell’anima e nel corpo, e dopo potrete venire più rinvigorite a fare i vostri Esercizi (spirituali) in Casa Madre”. E ancora, in una lettera a suor Domenica dell’agosto 1939, mostrandosi preoccupata per la fragilità della salute delle sue consorelle: “Dovete quindi chiedere alla Madonna prima di tutto lo spirito religioso per tutte e delle buone vocazioni, e anche un po’ di salute, perché in generale è molto scarsa”.

L’attaccamento alla Madonna, mai separato da quello, ancora più importante, per Gesù, viene sentito come essenziale anche per l’armonia interna e la pace, specialmente in terra di missione, come emerge da una lettera inviata nel maggio 1921 da Mar de Hespanha: “Amando Essi (Gesù e Maria) vi amerete anche fra di voi con grande carità, compatendovi nei vostri difetti ed infermità, e mantenendo la pace e l’unione fra di voi, a costo di qualsiasi sacrificio. E questo è quello che vi raccomando, perché la pace è l’unico bene desiderabile quaggiù”.

Una devozione, quella nei confronti della Madonna, che non risulta mai slegata dai cardini della fede cristiana e che la vede proiettata verso un futuro escatologico, verso quell’avvento del Regno di Dio, che è meta per tutti i cristiani e per tutta l’umanità, come scrive con chiarezza nel marzo 1904, proprio a proposito dell’imitazione di Maria: “Sotto lo stendardo della Madonna combatteremo, lavoreremo e vinceremo, spero, non avendo che un solo ed unico desiderio: il ristabilimento del regno di Gesù Cristo nei nostri cuori e in quello di tutti gli uomini”.

 

Marco Impagliazzo

presidente della Comunità di Sant’Egidio

 

 

 

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