Pagare di persona…

 

 

Nell’Omelia del Giovedì Santo dell’anno1957 don Mazzolari citò questo episodio della vita del giovane Papini: “Un giorno, insieme a un mio amico, senza fede anche lui, stavamo per la strada di campagna che da Settigliano va a Firenze. A un certo momento ci viene incontro un povero, gramo, malfermo, che ci tende la mano. Il mio amico mi previene – dice Papini – tira fuori di tasca una lira di allora (una lira d’argento che qualcuno di voi ricorderà) e gli dice: “Però, a una condizione: almeno tre bestemmie mi devi far sentire”. Il povero vecchio che aveva la fame nel volto, e che guardava a quella lira come a un aiuto insperato, un pochino alla volta, un pochino alla volta, non ebbe più la forza di sostenerla; e quella mano, il cui bisogno era così evidente da far male al cuore, lasciò andare la moneta. Bestemmiare in nome della carità! Ricevere a questa condizione? Meglio la povertà! Meglio la fame! Papini aveva guardato la scena. Si era sentito ribollire dentro tutta quella prepotenza di rivolta, di cui il suo cuore era capace, ma non ebbe il coraggio di dire una parola né all’amico e neanche a quel povero uomo il quale si era allontanato ancor più triste e ancor più desolato di quando aveva avvicinato quei due”.

La povertà aveva avuto il sopravvento sulla fame e sulla miseria; anzi vi era in quel gesto del povero la capacità di perdonare senza dire una parola; abbassò gli occhi certamente per non incontrare lo sguardo di colui che lo aveva umiliato e tradito, poiché povero, certamente, ma capace di perdonare. La mano non riuscì a trattenere quei denari… forse percepì il peso di quei 30 denari stabiliti per tradire Gesù.

A questo punto la fantasia, che poi non è pura fantasia, vaga su

Tante formule di perdono espresse dalla beata madre Michel sia verso coloro che la denigravano per aver abbandonato uno stile di vita più consono al suo stato in società, sia per coloro che, pur conoscendo lo scopo di quella vita e il dovere di contribuire ad alleggerire la condizione dei tanti poveri del suo tempo, rimanevano insensibili ad ogni disavventura accaduta al prossimo. Anche in queste circostanze, stimo che per la Madre fosse una fitta al cuore.

Lo penso e lo credo perché alla espressione di don Giovanni Barra, mio professore in seminario, ed oggi sulla via della beatificazione, ripetuta sovente in riferimento ai poveri: “Sento la fame nel mio fratello”, noi giovani sorridevamo; lui no! Ci persuademmo allorché per le strettoie provocate della guerra ci venne a mancare anche il pane quotidiano: abbiamo vissuto questa tragedia come una ingiustizia subita con molte le altre; il Vangelo diceva chiaramente: “… date da mangiare agli affamati… date da bere agli assetati… vestite gli ignudi… “Pagare di persona per fornire il necessario per la vita di tutte le creature è un insegnamento per tutti coloro che vogliono seguire Cristo Signore. Così il Curato d’Ars “paga” con le sue sofferenze parte del debito dei suoi penitenti contratto con Dio per i loro peccati; altrettanto Madre Teresa: le sue lettere hanno lo stesso stile evangelico. Scrive, ad esempio, a Suor Taddea: “Figlia mia, sii più generosa, e se hai avuto qualche cosa che ti ha fatto pena, sappi perdonare e dimenticare, se vuoi che gli altri siano generosi con te”. Balza immediatamente agli occhi che il Signore non chiede una contropartita per il perdono concesso, ma la gratuità cioè che proviene da un cuore che perdona per amore e non per interesse.

Nella Positio super virtutibus il perdono appare sempre come atto di amore; la Madre si scusa poche volte con un “Figliola, forse c’è stato un malinteso”, e al “maltrattamento” risponde con un silenzio o con un “Prendiamo anche questo. Sarà la volontà di Dio”. E se a qualcuna delle Sorelle rispondeva male, lei tornava indietro per chiederle scusa. Mi si permetta ancora un parallelismo alle osservazioni che Madre Teresa viveva con lo stesso stile del cristiano che sta alla frontiera con Gesù. Non condanna nessuno, e credo che se la Madre avesse potuto ascoltare l’omelia di Don Mazzolari del Giovedì Santo 1957, avrebbe accolto con le lacrime ciò che aveva detto a proposito di Giuda il traditore del Salvatore: “Povero Giuda! Povero fratello nostro!.. Miei cari fratelli perdonatemi se questa sera, che avrebbe dovuto essere di intimità, io vi ho portato delle considerazioni così dolorose. Ma io voglio bene anche a Giuda! È mio fratello Giuda! Pregherò per lui anche questa sera…; perché io non giudico, io non condanno. Dovrei giudicare me, dovrei condannare me stesso”.

Per quanto si possa scavare nel cuore di persone che veramente e concretamente amano, non a parole e tanto meno per interesse, anche il più abbruttito e disperato degli uomini non può capovolgere la scala di valori offertaci da Chi “ci ha amati fino alla fine”; i primi di questa scala sono proprio quelli che normalmente si ritengono ultimi. Le lacrime della Madre hanno un profondo significato: lo esprime ad una delle consorelle: “Per parte mia sta’ pur sicura – dice a una sua Figlia spirituale – che se avessi oggi qualche cosa da perdonare, l’ho già fatto da molto tempo”.

La prassi del perdono implica numerose “virtù”: affetto, amicizia, benevolenza, bontà, carità, grazia, misericordia, tenerezza, pace, servizio, gratuità…e molte altre; sarebbe affascinante poter sfogliare, pagina per pagina, la vita della persona per conoscerla intelligentemente; sono per questo preziosi i testimoni che hanno vissuto loro accanto, chissà quante sorprese! Si può giocare anche di fantasia su quanto Gesù disse a Pietro che lo interrogava su quante volte doveva perdonare: forse sette volte? “Non sette volte, ma 70 volte sette”; e in più: “Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all’altare, va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono”. L’Apostolo Paolo individua le fonti del perdono: “La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. Potendo leggere nel profondo dell’animo di Madre Michel, forse avremmo compreso la gioia di perdonare; gioia di accogliere e vivere il comando del Maestro: “Amatevi come io vi ho amati”; lo sgarbo poteva essere anche il bacio di Giuda a Gesù, ma Don Mazzolari avrebbe detto: “Ma io voglio bene anche a Giuda; nel consegnarlo ai Giudei Gesù stesso non lo chiamò “Amico”?

 

Mons. Fernando Charrier

Vescovo emerito di Alessandria

 

 

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