PER UNA PASTORALE VOCAZIONALE
Santa Teresa di Gesù Bambino
Esperta nella “Scientia Amoris”
Santa Teresa di Lisieux, nota come la “piccola santa” o “santa bambina”, costruisce la sua santità prendendo in seria considerazione le parole di Gesù che Matteo riporta nel suo Vangelo: «Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli». Ogni frase del Vangelo produce effetti sorprendenti!
Thérèse Franḉoise Marie Martin nacque ad Alençon in Francia, il 2 gennaio del 1873 da Louis Martin e da Marie-Azélie Guérin, e fu battezzata due giorni dopo nella chiesa di Notre Dame. In seguito alla morte prematura di sua madre, avvenuta il 28 aprile del 1887, la sua famiglia si trasferì a Lisieux, dove Teresa ricevette, alla fine del 1879, il Sacramento della Penitenza e l’8 maggio del 1884 quello dell’Eucarestia. Nell’intervallo tra questi due eventi ottenne dalla Madonna la guarigione da una grave malattia.
Poche settimane dopo la Prima Comunione ricevette il Sacramento della Cresima, diede i primi segnali della sua vocazione monacale, ma non poté seguire nel Carmelo di Lisieux le sorelle Paoline e Marie per la sua giovane età. Vi entrò il 9 aprile del 1888 per una speciale dispensa ricevuta dal Papa Leone X, da Lei visitato durante il pellegrinaggio a Loreto e a Roma.
Aveva soltanto quindici anni quando Teresa entrò nel Carmelo di Lisieux, e l’8 settembre del 1890, festa della Natività di Maria, emetteva la Professione religiosa.
Dopo la morte del padre, avvenuta il 29 luglio del 1894, ella concentrò l’attenzione sul percorso spirituale che aveva tracciato per sé e che descrisse nei “Manoscritti”, ribattezzati dalle sorelle “Storia di un’anima”.
Insigni teologi come il Combes, von Balthasar e il Laurentin, e lo stesso Benedetto XVI hanno ritenuto la “infanzia spirituale” di Teresa una via nuova, sebbene “piccola”, di perfezione cristiana corrispondente alle tesi più ortodosse della Teologia ecclesiastica. Per tali ragioni Giovanni Paolo II la proclamò nel 1997 “Dottore della Chiesa”, ed è la terza donna ad avere ottenuto questo riconoscimento nella Chiesa, dopo Caterina da Siena e Teresa D’Ávila.
I “Manoscritti” autobiografici di Teresa non sono la narrazione della sua infanzia e della sua adolescenza, ma il ritratto della sua anima attraverso le sue esperienza più intime. Insegnò, poi, le vie dell’infanzia spirituale alle novizie affidate alle sue cure, e sostenne con la preghiera e con i sacrifici l’operatività della Chiesa missionaria nel mondo. Santa Teresa di Lisieux fu proclamata Patrona Universale delle Missioni insieme a S. Francesco Saverio.
Il suo amore per Dio fu incondizionato e gratuito: un atto di gratitudine a Lui, che all’uomo riserva, con attenzione materna, più misericordia che giustizia.
Non le riusciva difficile abbandonarsi a Lui con la fiducia con cui un bambino si abbandona nelle braccia della propria madre. Qualsiasi azione facesse, da quella più umile a quella più elevata, non era fatta per acquisire meriti, ma per amore, che lei curava di affinare quotidianamente anche nei minimi dettagli.
Nei suoi “Manoscritti “non si riportano azioni straordinarie, estasi o miracoli, ma la sua aridità nella preghiera e le incomprensioni quotidiane le quali, tuttavia, non le toglievano mai la serena allegria e la pace che aveva nell’intimo e che trasfondeva negli altri.
Dio stesso era per Teresa “santità e merito”, considerando che i bambini, senza avere meriti e guadagni, e senza fare calcoli, ricambiano l’amore ricevuto servendosi delle piccole cose che sono alla loro portata.
La sua donazione d’amore fu più generosa e totale quando scoprì di essere malata di tubercolosi; Teresa provò quasi gioia, sapendo di poter vedere più presto l’amato volto di Gesù. «Restare bambino – scriveva – vuol dire riconoscere il proprio nulla, aspettare tutto dalle mani del suo Papà. Non cercare di cambiare stato col crescere… E non attribuire mai a sé stessi le virtù che si praticano… e non scoraggiarsi mai delle proprie colpe, perché i bambini cadono spesso, ma sono troppo piccoli per farsi male davvero…».
In altri passi dei “Manoscritti” si legge: «La perfezione consiste nel fare la volontà di Dio: e nell’essere ciò che Lui vuole che noi siamo». Ed ancora: «L’amore di Nostro Signore si rivela altrettanto bene nell’anima più semplice quanto nell’anima più sublime. E poiché è proprio dell’Amore attestarsi misericordiosamente… quanto più il buon Dio discende fino all’anima più piccola, tanto più dimostra la sua grandezza infinita».
A completamento del suo pensiero Teresa aggiungeva: «Come il sole rischiara allo stesso tempo i grandi cedri e ogni piccolo fiore, come se ciascuno fosse solo sulla terra, così Nostro Signore si occupa in particolare di ciascuna anima, con tanto amore come se fosse unica al mondo». Ed insiste: «E come nella natura tutte le stagioni sono regolate in modo da far sbocciare nel momento stabilito anche la più umile pratolina, così tutto è regolato in modo da corrispondere al bene di ciascuna anima».
Man mano che aumentavano in Teresa le sofferenze fisiche e morali, ella si lasciava semplicemente portare dalla volontà di Dio, continuando a dire dolcemente: «Non è possibile sperare troppo dal Buon Dio, perché ciò che Lui vuole donarmi è sempre al di là di ogni nostra più grande attesa».
Sperava, dopo la morte, «Di poter lavorare in cielo, fino alla fine del mondo, per il bene di tutte le anime».
Morì il 30 settembre del 1897 dicendo: «Mio Dio, io vi amo».
Fu proclamata Santa da Pio XI il 17 maggio 1925.
Lo scrittore Gianni Gerardi definisce Teresa di Lisieux una: «sorella universale» per la sua singolarissima vicinanza, in vita e in morte, a chi soffre, ai peccatori, ai lontani, ai non credenti, ai disperati e tentati di omicidio, e per la passione missionaria che la rende ancora attiva nel mondo.
Sono questi stimoli vocazionali che ci vengono da Santa Teresa del Bambino Gesù. Ma, secondo il Gerardi, il messaggio teresiano ci rassicura che l’umanesimo cristiano, che pure presuppone molte rinunce, non comporta l’umiliazione dell’uomo. Esso, anzi, divinizza la sua libertà e la proietta nell’eternità a partire dal tempo che ci è dato di vivere sulla terra.
Prof. Pietro Tamburrano