26 settembre
Ricorre la festa liturgica del beato Paolo VI papa
“La Chiesa deve essere ed apparire povera”
“Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga…
Non ci flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro” (Ilario di Poitiers, vescovo, V sec.)
Tutti vediamo quale forza riformatrice abbia l’esaltazione di questo principio: la Chiesa dev’essere povera; non solo; la Chiesa deve apparire povera.
Forse non tutti vedono quali giustificazioni possono darsi di aspetti diversi assunti storicamente dalla Chiesa nel corso della sua vita secolare e al contatto con particolari condizioni della civiltà; quando, ad esempio, l’aspetto della Chiesa apparve come quello d’una grande proprietaria terriera, essendo lei impegnata a rieducare le popolazioni al lavoro dei campi; ovvero come quello d’un potere civile, quando sfasciatosi questo, occorreva chi lo esercitasse con umana autorità; ovvero quando per esprimere il suo carattere sacro e il suo genio spirituale ornò di magnifici templi e di ricche vesti il suo culto; o per esercitare il suo ministero assicurò pane e decoro ai suoi ministri; o per dare impulso all’istruzione o all’assistenza del popolo fondò scuole e aperse ospedali; o ancora per immedesimarsi nella cultura di dati momenti storici parlò sovranamente il linguaggio dell’arte (cfr. ad es. G. Kurth, Les origines de la civilisation moderne).
Come Cristo ha compiuto l’opera della redenzione nella povertà e nella persecuzione, così la chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo “essendo in forma di Dio… svuotò se stesso assumendo la forma dello schiavo” (Fil 2,6-7) ed “essendo ricco, divenne povero per noi” (2Cor 8,9): così anche la chiesa, sebbene per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio, l’umiltà e l’abnegazione.
Cristo è stato inviato dal Padre ad “annunciare la notizia buona ai poveri… a guarire quanti hanno il cuore contrito” (Lc 4,18), “a cercare e salvare ciò che era perduto (Lc 19,10): similmente la chiesa abbraccia nel suo amore quanti sono afflitti dalla debolezza umana, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo Fondatore povero e sofferente, si adopera per sollevare la loro indigenza e, in essi, si volge a servire il Cristo.
Ma mentre Cristo, “santo, innocente, immacolato” (Eb 7,26), non conobbe peccato (cf 2Cor 5,21), ma venne allo scopo di espiare i soli peccati del popolo (cf Eb 2,17), la chiesa, che comprende nel suo seno i peccatori, è al tempo stesso santa e sempre bisognosa di purificazione e ricerca senza sosta la penitenza e il rinnovamento. (Lumen Gentium, 8)
Poiché questa missione continua, sviluppando nel corso della storia la missione del Cristo, inviato appunto a portare la buona novella ai poveri, è necessario che la chiesa, sempre sotto l’influsso dello Spirito di Cristo, segua la stessa strada seguita da Cristo, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte, da cui poi, risorgendo, uscì vincitore. (Ad Gentes, 5)
(Cfr Paolo VI, Udienza generale – Mercoledì, 24 giugno 1970)