Ama il prossimo come te stesso

Ama il prossimo come te stesso

(cfrMt 22,33-40; Lc 10,29-37; Mc 12,28-34; Is 58,1-8; GS 27.28)

Questa affermazione evangelica ci colloca davanti alla doverosa uguaglianza fra di noi. Uguaglianza nei rapporti interpersonali, tale che quanto uno richiede per sé deve volerlo per l’altro. Ognuno di noi vuole per sé che venga riconosciuta e rispettata la sua dignità, che si dia ascolto alla sua parola, vuole ricevere aiuto nei momenti difficili… La parabola del buon samaritano viene a dirci che non basta essere prossimo di chi già conosciamo, ma che ognuno deve “farsi prossimo” di chi ne ha bisogno, di qualunque razza, nazione, condizione sociale, religione… Occorre farsi carico dell’altro, secondo le sue necessità e le proprie possibilità.

Questa prima misura della carità, se applicata ai vincoli interni alla Chiesa in forza dell’unica dignità battesimale di figli di Dio (Cfr. LG 32), esige che tutti i battezzati siano riconosciuti come persone che hanno il diritto/dovere di prendere parte corresponsabilmente alla sua vita e missione. Occorre allora allargare gli spazi di partecipazione e corresponsabilità – secondo i doni, carismi e ministeri di ognuno – per definire lo stile di vita ecclesiale, le azioni da compiere nei vari campi della pastorale, l’amministrazione economica, la scelta delle persone… Insomma, tutti devono avere la possibilità, anche se in gradi diversi, di essere evangelizzati e di evangelizzare, di partecipare al ministero comune di edificare il corpo di Cristo (Cfr. Ef 4,12).

Se applicata ai rapporti profani, questa misura della carità esige che tutti i cristiani si impegnino a far sì che nello stato e in ogni istituzione sociale si rispetti la persona, si riconosca la sua dignità, si dia spazio alla partecipazione e corresponsabilità, si garantisca la soluzione delle necessità primarie di ognuno: cibo, vestito, casa, assistenza sanitaria… Si deve anche garantire il rispetto e il reale esercizio dei “diritti umani”: alla vita, all’informazione, all’educazione, alla libertà religiosa e di organizzazione, a formarsi una famiglia… La carità esige un ordine sociale che offra a tutti le giuste condizioni di vita: è urgente creare vie d’acceso al benessere aperte a tutti (Cfr. GS 26.69.71).

Tutto questo esige educare il popolo all’apertura universale nell’amore al prossimo: dal più prossimo: l’amico, il vicino, i compagni di lavoro i concittadini; fino a considerare prossimi i profughi, gli stranieri, gli esclusi, le minoranze etniche, le altre religioni, ideologie e opzioni di ogni tipo… Va curato l’impegno per il loro sviluppo personale e comunitario e per il riconoscimento del loro diritto a partecipare ai frutti dell’attività economica, sociale, culturale e politica.

Applicato ai rapporti internazionali, il principio esige che ogni popolo o stato, riguardo agli altri, rispetti il principio della reciprocità di diritti e doveri: nessun governo può esigere da altri ciò che esso non compie e non è pronto a compiere. Ciò richiede di stabilire delle relazioni partecipative in chiave d’uguaglianza fra le nazioni, di superare i rapporti di privilegio o superiorità, sfruttamento o dominio da una parte e dipendenza e sottomissione dall’altra. C’è da cambiare gli usi commerciali. É urgente superare la breccia crescente fra ricchi e poveri e dar risposta alle necessità e ai diritti dei paesi più poveri, degli “esclusi”. Sono necessari anche il rispetto della diversità di culture, razze, etnie…, e la condanna delle “pulizie etniche” e dello sterminio di gruppi razziali o sociali o politici; come pure la condanna e la persecuzione legale contro coloro che attuano il mercato del sesso o degli stupefacenti…; contro tutte le forme del “male” organizzato.

A livello di organizzazione mondiale, va democratizzato l’attuale sistema di governo dell’ONU; occorre creare un governo mondiale capace di difendere l’equità e la giustizia nei rapporti politici, economici, culturali; di imporre il rispetto e la pace fra le nazioni, regolare i sistemi economici e garantire rapporti commerciali equi tra i paesi. Un governo che abbia autorità per perseguire legalmente la delinquenza e la sua organizzazione mondiale. Un governo che delimiti e renda efficace il principio d’intervento umanitario nei paesi nei quali sono violati i diritti più elementari dei singoli e dei gruppi. Occorre insomma un “nuovo ordine mondiale” fondato sulla giustizia che dà frutti di pace. Il mondo deve farsi prossimo di chi soffre necessità.

 

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