Atteggiamento di carità nel rapporto con gli altri

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Condividere le angosce e le speranze

Condividere l’amore di Dio fra le persone significa condividere la loro vita e quella della comunità, vissuta secondo Dio. È condividere angosce e speranze, quelle dei singoli e quelle dell’umanità (Cfr. GS 1); condividere le tante sfaccettature di ogni singola vita, rallegrandosi dei valori esistenti negli altri, soffrendo per i loro patimenti, servendo al loro riscatto-liberazione dagli antivalori. Negli atteggiamenti di empatia, di amicizia (non di simpatia-antipatia), che dovrebbero caratterizzare tutti i rapporti fondati sulla fede.

Siamo chiamati a condividere i beni spirituali, culturali, materiali, per rendere possibile a tutti una vita coerente con la loro dignità di persone. La carità, amore di Dio convissuto-condiviso, genera la comunità ecclesiale e la fa vivere e crescere nell’orizzonte dell’unità. La comunità nasce dall’amore vicendevole, non soltanto nel momento iniziale della sua fondazione bensì in forma permanente. L’amore crea la comunità in tutto quello che ancora non è, ma si deve ancora raggiungere.

Nel far circolare i beni e nel promuovere la comunità, sono da privilegiare i poveri. Va assunto anzi tutto quanto porta in sé il segno della povertà, del limite, quale primo ambito d’incarnazione dell’amore; sapendo che nessuno è così ricco da non aver bisogno di ricevere qualcosa dagli altri, né così povero da non aver qualcosa da offrire. Occorre prendere coscienza delle necessità altrui, rimuovere le cause di tali situazioni, impegnarsi nel creare sistemi sempre più giusti, capaci di promuovere la pace.

Tutti abbiamo bisogno gli uni dagli altri. L’amore perciò cerca sempre di trovare vecchi e nuovi canali per esprimere l’amore che Dio ha per ognuno e per l’insieme, addirittura per l’intera umanità. È in quest’amore affettivo ed effettivo che si rivela il volto di Dio, il suo amore di Padre.

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