Atteggiamento di carità nel rapporto con gli altri
Vivere la carità, come persone e come Chiesa, nei rapporti con gli altri, significa: Condividere l’amore col quale siamo stati amati
Il “Sì” all’amore di Dio è autentico nella misura in cui si manifesta nell’amore fraterno e si allarga a tutta l’umanità. Nessuno può dire “Sì” all’amore di Dio senza amare tutti coloro insieme ai quali Dio ci ha amati. “Se Dio ci ha tanto amato, anche noi dobbiamo amarci a vicenda”, e “Noi amiamo perché Egli ci amò per primo” (1Gv 4,11.19). “Chi non ama, non ha imparato a conoscere Dio, perché Dio è amore” (1Gv. 4,8).“Se uno dice: ‘Io amo Dio’, e poi odia il suo fratello, è un bugiardo. Infatti chi non ama il suo fratello che vede, non può amare Dio, che non vede”(1Gv 4,20)
Non c’è un amore a Dio e un altro ai fratelli. C’è un solo e unico amore, manifestato a Dio nell’amore ai fratelli fino al punto di dare la vita per essi, nemici compresi, così come Cristo ha dato la vita per noi. Amare i fratelli con l’amore che Dio ha per noi è dire il nostro “Sì” totale all’uomo e al mondo nella radicalità dell’amore di Dio (Cfr. 1Gv 5,1).
Siamo chiamati a condividere l’amore di Dio con tutti coloro con i quali Dio ci ha amato. Un condividere che passa dalla comunicazione e la partecipazione, dal perdono e la riconciliazione, dal dialogo e il discernimento fatto insieme, dalla preghiera e la contemplazione, dalla comunicazione dei beni e la celebrazione dei doni ricevuti, con rendimento di grazie e lode al Padre, per Cristo, nello Spirito (cfr. Ef 5,17.24.25.29-30.32; 5,1-2.8-10.17-20). Siamo chiamati a far circolare nei rapporti umani l’amore di Dio che ci è stato dato (cfr. Ef 5,19-20). E si tratta dell’amore che non va identificato con nient’altro; giacché niente vale né serve, nemmeno consegnare tutti i nostri averi oppure dare il corpo alle fiamme, se venisse a mancare l’amore (cfr. 1Cor 13,3).