Vivere la fede, da singolo e come Chiesa, in rapporto alla propria corporeità e al cosmo, significa:
- a) Onorare il proprio corpo e il cosmo
Dio vide ch’era ben fatto! (Cfr. Gn 1,4.10.12.18.25); e (dopo la creazione di Adamo, uomo e donna) “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco: era molto bene” (Gn 1,31). L’intera creazione –minerale, vegetale, animale, umana– è stata segnata dalla bontà del Creatore. Egli si è manifestato in tutto il creato e ha comunicato ad esso la sua impronta, che è armonia dell’unità nella diversità. Tanto che, attraverso il creato, per l’umanità è possibile riconoscere Dio come suo Creatore.
La condizione di “disordine e disarmonia” propria del peccato, invece, è qualcosa che si rifiuta per istinto. Non è a caso che viviamo in un mondo che fa della salute, la bellezza del corpo, la giovinezza fisica, il benessere… un bene da raggiungere in tutti i modi e per quanto possibile. Si vorrebbe un mondo senza morte, né dolore, né sofferenza, né invecchiamento…
La fede, mentre ci garantisce che per la risurrezione di Cristo tutto è destinato a reintegrarsi nell’ordine e l’armonia della vita eterna, quella di Dio, ci invita a riconoscere il disordine e la disarmonia del corpo e del cosmo ma per impegnarci a costruire, attraverso il mistero pasquale, quella novità di vita che verrà coronata alla fine dei tempi, nella risurrezione finale del corpo, quando Dio farà tutto nuovo: cieli e terra nuovi.
La fede ci chiede di onorare il proprio corpo e con esso tutto il creato come opera di Dio, che Lui “risusciterà”, l’ultimo giorno, nella condizione nuova di incorruttibilità (Cfr. GS 14; 1Cor 6,13-20).
Continua…