Un albero, tanti rami

“COME RAMI DI UN UNICO ALBERO”

Famiglie religiose e realtà ecclesiali ispirate all’esperienza del Cottolengo

RELAZIONE

PICCOLE SUORE DELLA DIVINA PROVVIDENZA

a cura di suor Maria Tamburrano

Il tema che ci è stato affidato ha una sua logica nella presa di coscienza che anche i carismi, come tutti gli altri aspetti della vita umana, possono avere, e di fatto hanno, forme di collegamento e ramificazione. Essi, infatti, rappresentano l’unità della natura umana e della sua completezza anche quando essa è considerata come destinataria della rivelazione cristiana. Per questo è utile cercare dei filoni di apparentamento concettuale e spirituale tramite particolari sia storici sia ideali. È quello che intendiamo attuare in questo modesto contributo al convegno per far risaltare la centralità del principio della carità collegato con l’affidamento alla Provvidenza di cui san Giuseppe Cottolengo e la Beata Madre Michel sono protagonisti e testimoni ancora oggi. Pertanto, dopo aver colto alcuni necessari collegamenti storici e operativi, diamo debito rilievo al fatto che il Padre di ogni dono perfetto scagliona nel tempo e nello spazio le mediazioni umane della sua presenza e delle manifestazioni di amore e di tenerezza con cui Egli viene incontro ai bisogni dei suoi figli. Per questo un primo riferimento va fatto all’opera di san Giuseppe Cottolengo e quindi a come vi s’innesta l’azione della beata Teresa Michel. È importante inoltre, sia per rispettare la verità storica che per cogliere il significato profondo e la modalità con cui la nostra Fondatrice si collega al Cottolengo, evidenziare i vari aspetti di affinità spirituale e d’influenza che esistono tra i due. In tal modo mettiamo in evidenza alcune riflessioni che giustificano nella celebrazione del centenario il richiamo a tutti quei rami che come da un ceppo forte e significativo si diramano, esprimendo la forza d’irradiazione sia della carità sia della fiducia nella Divina Provvidenza.

1. Una necessaria contestualizzazione

Il secolo XIX, nella sua globalità, appare piuttosto complesso. Da una parte, si sviluppano ancora il razionalismo nella filosofia e della scienza, come anche, dall’altra, si constata il diffondersi delle impostazioni anti-religiose e anti-ecclesiali derivanti dalla Rivoluzione francese. Altri aspetti, legati alla situazione culturale e politica del secolo, vanno considerati come l’aggravarsi della questione sociale sviluppata dal socialismo utopico e dal materialismo storico. Ma tale aspetto non esclude e neppure può oscurare gli aspetti positivi che si colgono sul piano religioso ed ecclesiale. Tale secolo rappresenta un momento forte dello sviluppo della vita religiosa con la nascita di centinaia d’istituti. Attraverso tali eventi questo secolo si presenta anche come quello caratterizzato dal lancio su vasta scala delle opere più moderne prodotte entro la chiesa per il suo rinnovamento e per il servizio alla comunità umana. Non possiamo in questo breve intervento scendere nei dettagli riguardo al risveglio della carità nella città di Torino, che si estende anche nelle province circostanti, tra cui Alessandria. Venendo però ai necessari dettagli, è opportuno quindi notare il risveglio religioso, e la fioritura di personaggi che spiccano in diversi campi.

a) Un risveglio religioso

Una prima constatazione riguada la fondazione di molti istituti religiosi di vita attiva, specialmente femminili. Questi rispondono ai diversi nuovi bisogni della popolazione, sul piano dell’istruzione delle nuove generazioni specialmente per le ragazze, della crescita morale dei giovani, dell’assistenza agli ammalati, in genere, e delle forme nuove, in particolare. Tra questi ultimi istituti si notano quelli che trovano nel Cottolengo un antesignano e un pioniere nell’affrontare in modo radicale le nuove necessità di coloro che fino a quel momento erano considerati i rifiuti dell’umanità. Inoltre va rilevato l’impegno dettato non solo dalla carità, ma anche dalla giustizia, nei confronti di coloro che facilmente erano strumentalizzati e sfruttati. A tale clima peraltro concorrono le forme del risveglio cattolico nel contesto socio-politico che vedevano in prima linea il grande movimento e i filoni di pensiero sociale cristiano che hanno preparato e seguito la pubblicazione della famosa enciclica Rerum Novarum. Si tratta di persone che hanno espresso la loro capacità d’iniziativa e d’incidenza a riguardo della questione sociale a partire dalla loro vita di fede che, nei diversi modi consentiti, coniugavano il Vangelo con la riscoperta delle esigenze delle categorie o classi sociali più povere.

b) Una fioritura di personaggi e d’iniziative

Per capire meglio il sottofondo culturale ed ecclesiale in cui si colloca l’esposizione che facciamo, è importante evidenziare anche altre presenze nella chiesa dell’800, che si riferiscono al campo caritativo. Una grande organizzazione laicale che operava nel sociale era quella promossa in Francia da Federico Ozanam che prendeva avvio nel 1833 sotto la denominazione di “Società di S. Vincenzo de’ Paoli”, e che dalla Francia era passata anche in Italia. Altro grande operatore è san Giovanni Bosco che apre gli oratori per intrattenere in modo costruttivo i giovani e trasmettere loro un’impostazione cristiana della vita che ormai la famiglia non riusciva ad attuare. Un ulteriore grande personaggio che comincia a profilarsi è don Orione che ha collaborato tanto con Madre Michel, dando un forte impulso anche alla sua istituzione. Non si possono tralasciare un accenno a don Alberione nel campo della comunicazione sociale, a quello in cui operano i due fratelli Annibale e Francesco di Francia e ad altri grandi operatori nel campo della carità e nell’impegno per la giustizia. In tale contesto va citata, principalmente, l’opera dei Congressi operante sul sociale, con le sue diverse articolazioni rispondenti ai differenti ambiti della vita quotidiana, mentre su quello sociopolitico ha inizio la presenza di don Luigi Sturzo con l’avvio della presenza nel campo amministrativo. In questo modo la presenza e l’azione della chiesa va incontro alle nuove attese di coloro che finora erano stati ai margini della vita socioculturale.

2. L’Opera del Cottolengo

In tale contesto l’intuizione profonda, che san Giuseppe Cottolengo riceve dalla Grazia, riguarda un ambito della vita sociale che fino a quel momento non era stato oggetto di adeguata attenzione, ma che ora suscitava un maggiore impegno. Si tratta della presa in carico e quindi della cura di coloro che, a causa di nuove condizioni sociali, diventavano sempre più numerosi e interpellavano in maniera più incalzante sia la scienza applicata alla medicina, sia la coscienza e la conoscenza che la chiesa sviluppava riguardo alla società. Occorreva che la cultura del tempo, che pur andava estendendo l’ambito della sua presenza nel campo dell’impegno sociale, inquadrasse in modo più organico e valido il suo interessamento al settore della malattia e delle malformazioni, pensandolo in maniera pertinente e rispondente alla dignità di ogni essere umano. Il Cottolengo, come i grandi pionieri, ispirato dal Vangelo e dal suo senso di fiducia nella Divina Provvidenza, si protende in questo settore aprendo una nuova strada al servizio dell’uomo e della sua dignità.

a) Una presenza irradiante

A Torino la sua presenza e la sua opera appare un prodigio costante della Provvidenza e il suo esempio influisce su un numero crescente di persone più sensibili ai bisogni degli altri. Per questo la sua incidenza appare crescente nella chiesa e nella società locale per cui parecchi istituti religiosi, fondati in quel torno di tempo, s’ispirano al suo esempio di dedizione eroica di carità. Tra le varie persone che circondano il Cottolengo, si stabilisce come una gara nel sostenere la sua opera e le singole iniziative. Da tutta la città ricorrono a lui ed egli, pur nella povertà dei suoi mezzi, risponde senza alcuna eccezione, sapendo che colui che gli aveva dato la grazia della donazione agli altri, non gli avrebbe fatto mancare il necessario. E di fatti spesso si ripetono eventi che sembrano inspiegabili, nel senso che la sua opera attrae sia la gente bisognosa sia i benefattori. In quegli anni Torino si presenta come un crogiuolo di grandi presenze e iniziative. L’ospedale, che da lui prende nome, si configura non solo come l’opera creata da un grande apostolo, ma diventa l’argomento del giorno. Anche il Cottolengo è ammirato dai suoi contemporanei che, quasi per sostituire il rimorso, elogiano quel prete che, senza guardare in faccia nessuno, attua quanto il vangelo della carità suggerisce.

b) Un impegno crescente

L’opera di Giuseppe Cottolengo era iniziata nel 1827 per accogliere tutti quelli che non avevano alcun posto per essere curati e assistiti. L’Istituto si estendeva in quegli anni su di un’area di circa ventimila metri quadri, compresi terreni e fabbricati, fra i quali la prima chiesetta intitolata ai santi Antonio abate e Vincenzo de’ Paoli, noti come santi della preghiera e della carità. Nel 1842, alla morte del santo, l’opera intitolata significativamente alla Divina Provvidenza, accoglieva circa 14.000 persone, tra malati di ogni tipo, portatori di handicap, bambini abbandonati, donne in difficoltà: tutti i “rifiutati dalla vita”, come si diceva allora. Per questo nel 1892 la Tipografia Salesiana di Torino, pubblicando i “Fiori e Profumi, raccolti dai detti del Ven. P. Giuseppe Cottolengo”, una raccolta di massime del santo incentrate sulla spiritualità della Divina Provvidenza, aveva un grande successo. Per tutte basta la seguente citazione: “La Divina Provvidenza non manca: mancheranno le famiglie, mancheranno gli uomini, ma la Divina Provvidenza non mancherà mai. Bisogna sperare nella Divina Provvidenza. … Lo so che sono un uomo da nulla, non sono che il manovale della Divina Provvidenza. … La Provvidenza ha provveduto, provvede e provvederà. Per l’esistenza della Piccola Casa nessuno è necessario, ma qua dentro chi fa tutto è la Divina Provvidenza. … Se in casa c’è poco o niente, date via subito quel poco che rimane, perché, se la Divina Provvidenza ha da mandar qua, bisogna che la casa sia vuota, altrimenti dove allocheremo tutta quella roba? Siamo nelle angustie e nelle ristrettezze, bisogna dunque dar via tutto per fare la strada a maggiore provvidenza; se non ci sono letti accetteremo subito ammalati; e se non c’è pane né vino accetteremo subito poverelli”.

3. Il rapporto tra il Cottolengo e la Michel

È qui che si possono cogliere i primi passi di quell’esperienza che avrebbe in seguito dato vita a una famiglia religiosa che Teresa Michel voleva fosse dedicata completamente ai poveri, con una totale fiducia nella Provvidenza Divina. In un frammento di memoria della sua dedizione al nuovo programma di vita si può leggere come la sua conversione era sbocciata davanti ai poveri del Cottolengo, per cui emergono sia la connessione sia l’impostazione originale: “Allo stesso modo, ma non qui”. Ecco come lei stessa ne parla:  “Mi venne in mano il libro del Cottolengo. Lo lessi: non ne avevo mai sentito parlare prima, e mi venne il desiderio di andare a Torino a visitare quel monumento della carità cristiana… Mi sentii vinta e caddi in ginocchio davanti a quel Dio d’amore che aveva ispirato a quell’anima tante belle cose e lo pregai che mi aiutasse a fare un po’ di bene anch’io. Da quel giorno mi sentii trasformata e cominciai una nuova vita”. Certo le circostanze successive e anche l’intuizione stessa della Fondatrice hanno fatto emergere un percorso per molti aspetti originale, ma la sua ispirazione iniziale è stata determinata dalla visita che ella ha compiuto all’opera del Cottolengo a Torino nel 1893. Per questo ella realizza un superamento della sua crisi, attraverso un recupero che parte dalla fede e si concretizza nell’attuazione di opere che danno un nuovo significato alla sua esistenza.

a) Gli inizi rivelatori

Le coordinate temporali della sua esperienza umana sono racchiuse, come per ogni persona umana, dalla sua nascita avvenuta il 25 settembre 1855 a Spinetta Marengo, e dalla sua morte accaduta il 25 gennaio del 1944. A tali date va aggiunta quella della sua beatificazione celebrata nel maggio del 1998, a Torino, da Giovanni Paolo II.  Teresa Grillo è figlia della borghesia alessandrina, con tutto quello che tale collocazione sociale comporta. Ha vissuto una giovinezza agiata, da borghese, compiendo i suoi studi nel Collegio delle dame inglesi di Lodi.  Nel 1877, all’età di 22 anni, sposa un ufficiale dei bersaglieri, il capitano Giovanni Battista Michel che poco dopo sarà trasferito a Napoli e che ella segue. Rimane nella città partenopea fino al 1891, quando la sua vita registra una svolta improvvisa: il marito muore all’età di 53 anni, mentre la sua carriera è in piena ascesa. Teresa ha 36 anni, è ancora giovane e non ha figli; decide di lasciare Napoli per tornare ad Alessandria. In questo momento così difficile della sua esperienza umana, dopo una dura crisi sul senso della sua stessa vita, trova conforto nella fede che le prospetta una visione totalmente nuova. Comincia a frequentare il santuario del Sacro Cuore ad Alessandria, curato dai Cappuccini, e si lega alla comunità francescana diventando terziaria nel 1893. Dopo tale anno difficile, Teresa è scossa dalla lettura di un libro sul Cottolengo e dalla sua scelta di aiutare i poveri e i malati nella Piccola Casa della Divina Provvidenza che ella più volte visita a Torino e da cui prende ispirazione iniziale come pista per le sue iniziative. Pertanto dopo aver acquistato, nel centro di Alessandria, un complesso di casupole mal ridotte, va ad abitarvi nel 1893, continuando ad accogliere i primi bambini in difficoltà. L’anno successivo viene inaugurato quello che sarà il cuore della congregazione: il “Piccolo Ricovero della Divina Provvidenza”. Non si può trascurare la connotazione cottolenghina, vincenziana e francescana.

 b) La costanza di un riferimento

Il Cottolengo divenne per Teresa Michel un modello cui ispirarsi per dare una risposta alle tante domande dei poveri che bussavano alla porta della sua casa, ma anche per trovare una risposta concreta alle crescenti e personali domande di fede. Con il tempo Teresa matura la decisione di creare una struttura più stabile per garantire un futuro al ricovero e agli altri centri di accoglienza che stanno nascendo nella provincia. Per questo, nel 1899, proprio sul finire del secolo, la Michel dà vita a una nuova congregazione religiosa femminile, le Piccole Suore della Divina Provvidenza, fondata sulla fiducia nella Provvidenza Divina, dedicata al servizio dei poveri e dei bisognosi, spiritualmente incentrata sull’adorazione eucaristica. Al tempo stesso però si tratta di una comunità i cui tratti originali derivano dalla sofferta scelta di una donna che, nell’Italia di fine Ottocento, rifiuta le sicurezze e gli agi di una vita borghese per servire i poveri insieme ad altre compagne. Nella sua opera vengono accolti tutti, indistintamente. Vuole essere l’erede di Giuseppe Benedetto Cottolengo, di cui segue l’intuizione iniziale, rielaborandola attraverso il carisma francescano della pietà, nell’accoglienza agli ultimi della società. Lo fa con semplicità e in completa penuria di mezzi, confidando totalmente in quella Divina Provvidenza da cui la sua congregazione prende non solo il nome, ma la sua ragione di esistere. Per questo nella comunità ella pone le orfanelle, le buone figlie (donne non autosufficienti per gravi handicap fisici o mentali), le anziane, le micheline (donne adulte dedite ai lavori della casa, alla cura dell’orto e alla cura e accompagnamento delle “buone figlie”), le epilettiche, le invalide (donne non abili al lavoro, ma ancora autosufficienti), le giuseppine (donne adulte, aspiranti alla vita religiosa ma con impedimenti; anche a loro è affidato il servizio della casa e la cura dei malati a domicilio). Accanto a loro vivono le suore e le postulanti. I legami con il Cottolengo sono di varia natura, ma costanti nel tempo ed evocanti l’ispirazione ideale e l’impostazione pratica. In questo senso Madre Michel richiama la sua esemplarità operativa. Il rapporto con il Cottolengo è continuamente ribadito da Madre Michel. Si direbbe che ella non si lasci sfuggire nessuna occasione per parlarne. Nelle sue molte lettere scritte a varie categorie di persone, Madre Teresa abitualmente richiama la sua figura così elevata e ricca. Per questo, sia pure indicato in modo molto sintetico, vanno colti i vari riferimenti che ella propone.  Una prima informazione riguarda le tante volte in cui ella richiama la figura del Cottolengo e mette in evidenza gli insegnamenti ricavabili dalla sua esperienza. Si possono contare più di 100 volte in cui ella parla del Cottolengo. Nel complesso i riferimenti contenuti nelle lettere a varie persone (suore e altri destinatari) sono circa 90, mentre sono più di 20 le volte che ella lo richiama nelle lettere inviate a don Orione. I concetti più ribaditi riguardano l’analoga configurazione delle opere nella loro globalità, come anche la genesi della sua stessa intuizione, che sebbene ella attribuisca alla Grazia, è anche dovuta alla mediazione della figura del Cottolengo. Altre volte mette in risalto, desumendole dalla sua esemplarità, le caratteristiche dell’attuazione di questo nuovo e difficile lavoro. Parla quindi delle motivazioni di base, dei richiami alla visione spirituale di ogni opera caritativa. Dopo la proclamazione del Cottolengo come Beato, si accresce la sua devozione e affida alla sua protezione se stessa e tutto l’Istituto. Gli rivolge le sue preghiere, specie nei momenti difficili, trovando in lui un intercessore e un protettore. Inoltre, quando ne ha la possibilità o l’opportunità, si reca sulla sua tomba, sia per venerarlo sia per invocare la sua protezione su se stessa, sull’istituto, sulle suore. In particolare ella chiede la grazia della coerenza nella vocazione, la presenza di motivazioni forti e radicate sul vangelo, la dinamizzazione della sensibilità femminile verso i nuovi bisogni, la dedizione da attuare nel servizio, vedendo negli assistiti la figura di Gesù.

4. I Tratti convergenti nella spiritualità

Ogni santo ha la sua individualità e la sua identità carismatica, come sintesi dei doni che egli riceve da Dio per l’attuazione della sua missione. Tuttavia tutti mostrano una propria storia e un modo personale di esplicitare i propri talenti. In questo senso si possono cogliere alcuni tratti particolari che li avvicinano, che possiamo chiamare convergenti e divergenti. Ci sembra interessante in questo contesto sottolineare alcuni tratti che permettono di accostare a san Giuseppe Cottolengo la beata Teresa Michel. In modo sintetico si possono quindi trovare punti di contatto: in rapporto alle scelte di fondo, riguardo ai destinatari, in relazione al metodo assistenziale e all’impostazione globale, e infine agli aspetti di natura spirituale ed ecclesiale. Possiamo quindi parlare di convergenze e anche di dipendenze tra i vari tratti che possono collocarsi ai vari livelli. Pur non potendo approfondire tali vari livelli, occorre tuttavia farvi riferimento in modo distinto e specifico.

a) I tratti operativi e culturali

Dal punto di vista culturale non si può sottacere il fatto che ogni individuo, e quindi anche un santo, è figlio del suo tempo e delle relative condizioni culturali, materiali, spirituali che caratterizzano una società nella articolazione territoriale. Per questo diventa anche interessante evidenziare elementi che avvicinano tra loro Giuseppe Cottolengo e Teresa Michel. Essi infatti sono contemporanei e conterranei. Questi tratti, infatti, sono vissuti da loro più o meno nello stesso modo e quindi si ripercuotono sui diversi aspetti della loro presenza e incidenza sociale ed ecclesiale.

1. Rispondenza ai bisogni emergenti del tempo

Un primo tratto che vogliamo sottolineare riguarda la capacità che hanno mostrato di cogliere e di rispondere ai bisogni emergenti del tempo. Lo sviluppo della società del tempo, infatti, con gli eventi che sono seguiti alla rivoluzione francese specialmente nel Piemonte, avevano registrato una particolare forma di presenza. Questo aveva anche avuto influsso sugli usi e costumi di affrontare i problemi sociali derivanti dalle malformazioni genetiche, ma risultava difficile inquadrarli e risolverli sul piano sociale per l’insorgere di forme di minore pietà e compassione. Sono state quindi le istituzioni religiose che se ne andavano facendo carico. In tale compito appunto spiccano le varie istituzioni che prendono iniziative in tal senso.

2. Rilevanza della persona umana

Un altro aspetto importante da sottolineare in questo contesto, oltre all’aspetto teologico, riguarda la messa fuoco, in anticipo, di quella che oggi è chiamata la svolta antropologica. I soggetti soccorsi sono, infatti, considerati nella loro identità di persone umane e quindi elemento centrale di ogni opera sociale e caritativa. In poche parole si tratta di realizzare un servizio all’uomo, specialmente per il fatto che le sue condizioni particolari lo metterebbero ai margini della società. A questa prospettiva fa capo la componente del servizio prestato; esso deve risultare ampiamente umanizzato e rispettoso della dignità umana considerando nell’assistito una creatura di Dio e un fratello di Cristo. Questo aspetto è considerato elemento importante che deve caratterizzare ogni tipo di rapporto, da quello umano a quello assistenziale, da quello relazionale a quello medico. In questo senso ci sembra importante evidenziare alcuni tratti importanti che mostrano la visione cristiana della persona umana.

3. Impegno per la parte assistenziale e medica

Il servizio previsto per i soggetti ricoverati riguardava tutti gli aspetti della loro vita. Si prendeva cura della loro anima e del loro corpo. In ciò si faceva riferimento alle risorse offerte dalla fede; si trattava di figli di Dio e quindi di fratelli e di sorelle cui occorreva prestare con delicatezza e amore tutto quello di cui avevano bisogno, facendo sì che questo interessamento diventasse anche strumento di sviluppo della stessa medicina in questo campo. Quello era il tempo che registrava un risveglio della coscienza della chiesa verso le classi più disagiate e povere. Il movimento dei cattolici sul piano laicale e i nuovi Istituti religiosi sul piano ecclesiale, sviluppavano iniziative a servizio di coloro che sono meno fortunati e che si trovano nel bisogno di crescere secondo la dignità della persona umana.

b) I tratti spirituali ed evangelici

Un altro ambito importante riguarda la dimensione propriamente evangelica da cui i due nostri protagonisti prendono ispirazione. E cioè la figura di Cristo come colui che ha preso su di sé non solo i peccati dell’uomo, ma anche le sue sofferenze, e con la testimonianza della vita attraverso l’insegnamento pone l’accento sul modo come interessarsi anche dei fratelli e come farsi carico dei loro bisogni. Basta pensare ai parametri con cui Gesù parla dell’attuazione dello stesso giudizio finale, tutto incentrato sulle opere di misericordia corporale e spirituale.

1. Ispirazione evangelica e caritativa

Va rilevato che tale slancio verso la compassione nei confronti dei bisognosi non è dettato dal senso di umanitarismo, ma da un’ispirazione evangelica. In questo senso sia il Cottolengo sia la Michel esprimono una tensione radicale al servizio dei poveri, impegnandosi personalmente e operando costantemente nell’attuazione di iniziative rispondenti alle esigenze del loro tempo, realizzando proposte a vantaggio dei più poveri, specialmente affetti da handicap fisici e psichici. Il precetto della carità mette in risalto che occorre realizzare un servizio all’uomo tutto intero, cogliendo i suoi molteplici bisogni, ma specialmente quelli che dagli altri sono trascurati. Ovviamente si può anche realizzare una sorta di scala di priorità, ma è importante notare che i santi sanno cogliere la realtà che li circonda e concretizzano una gerarchia di bisogni anche basandosi sulla loro sensibilità e su quanto ispira loro la grazia.

2. Fiducia nella Provvidenza

Un’altra caratteristica che ella condivide con i grandi protagonisti del suo tempo, sia con il Cottolengo che con don Orione, è quello di non preoccuparsi della ricchezza, della dovizia di risorse umane ed economiche. Ella si propone di fare il bene, di soccorrere i poveri, affidandosi alla Provvidenza, confidando nell’intervento talvolta anche prodigioso, come confermano vari episodi e lo stesso incontro con Borsalino. Emblematica inoltre a tale riguardo è l’icona ormai diventata una modalità classica di ritrarla: alla guida di un carrettino, trainato da un asinello, mentre va alla questua per reperire fondi e prodotti in natura per accudire ai molti poveri che ella accoglie nel suo palazzo borghese. Nello stesso tempo, ricerca appropriate e nuove strutture per allargare l’accoglienza già iniziata nella sua casa di via Faà di Bruno. Dopo l’intervento a suo favore di Borsalino, potrà avere a sua disposizione la ormai famosa struttura di piazza della Divina Provvidenza.

3. Impegno personale e impegno istituzionale

È importante notare anche la filiera delle iniziative che ella man mano va realizzando, procedendo dalle forme rudimentali e improvvisate, accudendo personalmente alle esigenze di coloro che incontra sulla strada. Come ogni santo, ella non considera la sua opera sotto una forma manageriale, (che richiede costruzioni e forme di direzione e orientamento per gli altri), ma come un’attuazione della parabola del buon Samaritano da attuare in prima persona. Ella, senza molte distinzioni nei confronti di coloro che si trovano nel bisogno, si fa carico delle necessità dei poveri, in un primo momento, e allevia le loro ferite con cure immediate e poi provvede al resto. Tale impostazione ella attua anche tramite la fondazione di un Istituto religioso che man mano va formandosi attorno alla sua testimonianza di vita e di dedizione, a cui offre forme, ideali e indirizzi operativi derivanti dal suo carisma.

5. Alcune conclusioni

Questa breve sintesi delle principali riflessioni che il collegamento tra San Giuseppe Cottolengo e la Beata Michel suscita, costituisce un piccolo contributo, che serve a sottolineare il carisma della carità che tanti santi Fondatori e Fondatrici di Istituti religiosi hanno avuto, di cui il Cottolengo è stato un antesignano. Nel nostro caso sono vari gli aspetti che si devono evidenziare. Essi riguardano le varie modalità ideali e i diversi aspetti pratici che si riscontrano nelle interrelazioni tra persone e istituzioni. Per questo ci sembra opportuno individuare i modi concreti più importanti, e cioè: il riferimento ispirazionale, le implicazioni comportamentali, e le affinità che coinvolgono tutto l’Istituto.

a) Il livello ispirazionale

Sul piano ispirazionale, Teresa Michel coglie nell’esemplarità del Cottolengo una forte conferma alla sua iniziale dedizione ai diseredati, agli handicappati, tanto che la sua opera sembra una copia dell’impostazione del Cottolengo. Va anche affermato che tale richiamo si colloca sia a livello delle motivazioni umane sia a quello delle istanze spirituali. La carica evangelica e umanitaria che sta alla base dell’interessamento del Cottolengo verso i fratelli è presente anche nella Michel. Si tratta di un clima generale che però non toglie l’una o l’altra forma di dipendenza e di subordinazione di Madre Teresa nei confronti di un pioniere come il Cottolengo. Tale tipo di relazione fa riferimento all’ambito delle realizzazioni in se stesse, mentre la diversa collocazione cronologica e geografica delle iniziative impone forme diverse.

b) Il piano comportamentale

Va sottolineato che le loro opere riguardano tutti i campi dell’inserimento nel sociale e che impegnano in maniera operativa. Specie nel campo del servizio ai vari bisogni umani centrali e vitali, si coglie che l’azione del Cottolengo e della Michel è attuata con caratteristiche tali, che il loro contributo personale sul piano dei comportamenti concreti, assieme a quello di molti altri operatori della carità, mette le premesse perché la società civile ne prenda coscienza adeguata e operativa. Inoltre tale impostazione ha sviluppato una visione di servizi così rilevanti che nel secolo successivo, molti di tali ambiti di servizio, fino allora attuati in forma volontaristica (per amore di Dio), raggiungono il grado di riconoscimento civile, anzi dichiarati come diritti fondamentali dell’uomo. Questo si verifica sia nell’interessamento alle varie malattie, che alla cura degli anziani, all’area dell’istruzione, all’identificazione dei diritti delle donne, e ad altri ancora.

c) L’aspetto istituzionale

A livello propriamente istituzionale, pur nella presenza di aspetti di dipendenza generale dal punto di vista ideale, emerge una certa originalità, come esprime la frase che ella ha pronunciato dopo aver visitato l’opera del Cottolengo a Torino: “Allo stesso modo, ma non qui”. In concreto, quindi, in rapporto agli aspetti istituzionali, la Michel ricerca modalità operative differenti ma più funzionali alle diverse situazioni culturali in cui verrà a trovarsi l’Istituto religioso da lei fondato. In altre parole, la convergenza trova la sua spiegazione nella tensione spirituale, evangelica e operativa del servizio che la chiesa vive nel secolo XIX nella sua dimensione caritativa. Una certa divergenza, invece, si spiega con le fondazioni riguardanti le scuole istituite successivamente, specialmente in altri contesti geografici, come l’apertura di case in America Latina.

+ – + – +

Per concludere possiamo affermare che queste riflessioni supportano e giustificano la rilevanza della connessione nella missione di carità, affidata dalla Divina Provvidenza ai nostri due pionieri. Essa caratterizza la vita e la fondazione dei rispettivi istituti religiosi e mette in rilievo la fama che essi si sono acquistati, seguendo le indicazioni della grazia, nell’alveo di quello spirito e impegno caritativo che accomuna san Giuseppe Cottolengo e la beata Teresa Grillo Michel. Abbiamo notato le componenti che ne specificano l’identità spirituale e carismatica e ne garantiscono la qualità operativa, nonché l’approvazione della chiesa. Importante è anche il riconoscimento della globalità della loro vita, che peraltro sono associati tra loro nell’ammissione della validità di testimonianza che hanno lasciato alla chiesa e alle rispettive famiglie religiose.  Tali diversi aspetti, pur evidenziando l’originalità di ciascuno, non escludono lo stretto collegamento. Questo ovviamente non esclude, sia per ragioni di tempo in cui i due operano sia anche per primogenitura qualitativa con cui si esprime, l’influsso che dal Cottolengo s’irradia nella chiesa e che influenza anche nei confronti di altri Istituti religiosi, come quello delle Piccole Suore della Divina Provvidenza, fondato dalla Beata Teresa Grillo Michel.

 Suor Maria Tamburrano, PSDP

 

rfwbs-sliderfwbs-sliderfwbs-sliderfwbs-sliderfwbs-sliderfwbs-sliderfwbs-sliderfwbs-sliderfwbs-sliderfwbs-sliderfwbs-sliderfwbs-slide