Significato dell’Abito

 VELI AZZURRI PER IL NUOVO ISTITUTO

Una pagina di storia tratta dal libro di Carlo Torriani “La Beata MADRE TERESA MICHEL Fondatrice delle Piccole Suore della Divina Provvidenza”.

«… ad Alessandria, mentre si pensava a cacciar le suore dell’Ospedale, e a togliere i Crocefissi dalle scuole, la Divina Provvidenza faceva il suo gioco di misericordia. Faceva nascere una nuova Congregazione che, partendo da Alessandria, avrebbe portato i Crocefissi anche al di là degli Oceani. Donna Teresa non aveva dapprima in progetto il nuovo sodalizio; era anzi ben lontana dal volerlo, perché nella sua modestia pensava solo a una piccola opera di pronto soccorso intorno ad una chiesetta di adorazione Eucaristica, e alla visita personale ai poveri a domicilio. Ma quando l’iniziativa prese maggiore sviluppo, e vennero a lei altre collaboratrici, fu necessaria una regola che legasse tutte agli stessi doveri. Anche l’Autorità ecclesiastica trovò necessario si organizzasse una congregazione; e donna Teresa ubbidì.

Nella cappella di S. Antonio, quella che doveva poi custodire la sua salma, avvenne la funzione della vestizione delle prime otto suore, domenica 8 gennaio 1899. Il nuovo Vescovo, Mons. Giuseppe Capecci, presiedette la commovente cerimonia cui erano presenti anche i parenti della Madre. Teresa Michel prese il nome di suor Maria Antonietta, in memoria della madre morta proprio in quel giorno, dieci anni prima, e in memoria dello sposo morto il giorno di S. Antonio da Padova. Maddalena Accornero assunse il nome della fondatrice, chiamandosi suor Maria Teresa, e Maria Gilet, si chiamò suor Maria dell’Immacolata. Mons. Capecci elogiò l’Opera, convenne che la regola era un vero capolavoro, promise di prendere a cuore l’Istituzione, chiarì i concetti cristiani della previdenza e dell’abbandono confidente in Dio, ma parve non approvare del tutto il sistema della Madre; pur lodandone le virtù, esortò le consorelle a non imitarla nella eccessiva  generosità. Quel giorno l’umiliazione di suor Maria Antonietta guadagnò altri punti. Circa il nuovo nome impostosi, diremo subito che non ebbe fortuna. Si cominciò col dire che le fondatrici non cambiano nome, il popolo continuò a chiamarla Madre Teresa, e questo nome rimase. Il Santo taumaturgo non diminuì la sua protezione, che anzi fece moltiplicare miracolosamente il pane da distribuire, e le case che dovevano distribuirlo; e proteggendo la nuova opera alessandrina anche in lontani lidi, dimostrò di non avere dimenticato ciò che dimenticarono invece i cittadini: che in un lontano giorno, il 20 febbraio 1755, i padri amministratori del Comune avevano unanimi determinato di eleggere S. Antonio copro tettore della città, e perpetuamente presentargli un’offerta nella chiesa francescana di S. Bernardino (ora distrutta).

L’abito indossato si distingue da quello di altre Congregazioni per il velo azzurro e lo scapolare azzurro recante l’Ostensorio. Troviamo la spiegazione di questa scelta in una lettera della fondatrice che avremo occasione di citare altre volte, perché, scritta per tutte le figlie nel Natale del 1937, e considerata come una lettera testamento.

“Credete voi – scrive la Madre – che vi sia stato imposto senza un fine speciale, il velo azzurro soppannato di candida tela, e lo scapolare pure azzurro, con il piccolo Ostensorio racchiudente una piccola Ostia Bianca…? Oh no certo! Gesù voleva e vuole che il nostro santo abito ci richiami di continuo al suo desiderio, che tutta la nostra vita esteriore ed attiva Gli sia offerta in spirito di Eucaristica riparazione e di adorazione perenne, ci dica che è nostra missione diffondere l’azzurro della Fede, il candore delle Speranze Eterne, il fuoco dell’Amore Divino, tra i piccoli e i sofferenti. Ai bambini, agli ammalati e agli anziani fa bene al cuore tutto ciò che dà sorriso agli occhi, che parla per se stesso di luce e di vita. Il bianco e l’azzurro hanno un linguaggio mistico inteso facilmente dalle loro anime avide di consolazione. Sappiamolo intendere bene, figlie mie, noi per prime, questo linguaggio, e il nostro apostolato armonizzi col nostro abito religioso, ne accresca il benefico fascino, sia un apostolato di pace, di carità, come fu quello degli Angeli ai poveri Pastori di Betlemme”.

Anche la scelta dell’abito contiene dunque un materno sentimento di carità. Il velo azzurro non fece che dare nuove energie alla fondatrice ed alle sue compagne che si sentirono veramente novizie nel raddoppiare speranze e fatiche. Giungevano nuove probande, ma giungevano anche molte poverine da ricoverare. Crescevano le necessità, ma la fondatrice imperturbabile, accoglieva, tutte.

“Ma, signora Madre, non v’è più un letto vuoto…”. “Uno c’è sempre …, il mio”.

La miseria che aumentava non faceva che aumentare la fede delle prime novizie; spesso, se non nella prima, nella successiva vestizione il pranzo di festa consisteva in una polenta mal condita. Intanto suor Maria, la missionaria, andava cercando di risolvere il problema imposto dalla Madre: accogliere sempre per quanto i mezzi scarseggiassero. Viaggiando continuamente in questua, essa trovava anche case in cui fondare delle filiali, che avrebbero dovuto poi sostenere la Casa Madre. Ma per un certo tempo questo sistema non faceva che portare confusione, in Alessandria e nelle Case che si andavano aprendo…».

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