2ª Sequenza Fioretti di M. Michel

La cassetta della posta come cassaforte

La vita dei santi è sempre intessuta di piccoli (ma grandi) eventi che edificano e incoraggiano. Ci fanno vedere la bontà del Signore, ma anche la semplicità con cui essi si affidano a Lui e da Lui si aspettano una risposta piena. Sono molti gli episodi, nella vita della Madre Michel, che rientrano in questa logica e che vanno riproposti per sentirci incoraggiati a seguire il suo esempio e la sua spiritualità. In questo florilegio raccogliamo, quasi fior da fiore, episodi, eventi e situazioni che ci mostrano la grande umanità e la profonda spiritualità della nostra Beata Fondatrice. Non per nulla Ella amava definirsi “piccolo strumento nelle mani della Divina Provvidenza”.

2ª Sequenza – A

Dal libro: Una donna per sperare di Alessandro Pronzato

La fiducia nella Provvidenza – «Il Signore volle da me questo sacrificio (di una forte umiliazione) anche per far vedere che non è una misera creatura, come sono io, che posso essere la Madre di quei poveri figli, bensì la Divina Provvidenza, la nostra assoluta Padrona, e che Ella provvede e provvederà sempre più generosamente ai suoi figli a misura che questi avranno maggior confidenza e fede in Essa… Non voglio quindi farle il torto di dubitare di Essa, ma, sicura che non può mancare a chi ad Essa si affida, caccio via le troppo vive preoccupazioni e mi abbandono alla Sua materna bontà…» (lettera del 15.9.1901)            

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La cassetta della posta come cassaforte – Madre Teresa parlava della Provvidenza come della “nostra Assoluta Padrona”. E scriveva in una lettera: “… Rimaniamo di nuovo nell’incertezza, che pare la caratteristica della piccola Opera nostra: incertezza però ben consolante, perché viene a farci toccare con mano la necessità di aspettare l’aiuto opportuno da Dio solo”. Ancor più esplicitamente: “Meno vi sono aiuti umani, e più il Signore deve fare Lui”. Ma al di là delle parole, ci stanno i fatti concreti. Agli inizi del Piccolo Ricovero, Madre Teresa ha dato fondo a tutto il suo patrimonio. Di cassa nemmeno parlarne. C’è però la cassetta della posta. E ogni giorno la Madre la apre quasi fosse la cassaforte. Di fatto vi ritira, regolarmente, biglietti di banca o monete spicciole. La Provvidenza teneva una corrispondenza epistolare giornaliera con la Madre… In portineria, ogni tanto, arriva qualcuno, e deposita roba avvolta in pezzi di giornali. E se ne vanno senza lasciare il proprio nome. I giornali aperti, contengono piacevoli notizie in termini di oggetti d’oro, d’argento e altri metalli preziosi. Più prosaicamente, ma non meno inutilmente, si fermano dinanzi alla porta carri carichi di verdura, frutta, farina. Il vetturino consegna la mercanzia e non c’è verso di fargli dire da dove viene. Madre Michel, però, non ha dubbi circa il mittente.

 


Povere donne cenciose

Tre racconti tratti dal libro del Torriani riguardanti la carità di Teresa Michel, all’inizio della sua opera benefica, prima ancora di fondare la congregazione delle suore

2ª Sequenza – B

Dal libro: La Beata Teresa Grillo Michel – Carlo Torriani

Come una donna che avesse smarrito la ragione – Strani clienti aumentavano ogni giorno di numero, e Paolina (una governante) aveva il suo da fare a distribuirli nelle sale e nelle anticamere. Era proibito licenziarli. Nel primi tempi venivano a trovarsi nelle stesse sale, signore eleganti in visita alla padrona, e povere donne cenciose; poi quelle si diradarono sempre più. Era un po’ difficile comprendere come i tappeti persiani siano più adatti ai piedi nudi che ai piedi calzati. L’ammirazione che le persone di mondo ebbero un tempo per la signora Michel cambiò ben presto in disprezzo e compatimento come verso una donna che, sembrava, avesse smarrito la ragione. E nei salotti restò unico a difender la vedova del colonnello, il canonico Prelli (cugino di Teresa), l’abate dell’aristocrazia che animava una specie di azione cattolica di quei tempi, visitando a giornate fisse le nobili famiglie. Donna Teresa invece si sentiva così felice …! Era già riuscita a far ricoverare in collegi alcuni suoi protetti; aveva affidato alle cure dei suoi parenti medici alcuni malati speciali; era stata ben accolta in numerosi tuguri di cui ignorava un giorno la possibile esistenza! Quante vedove aveva già incontrato da consolare, quante orfane alle quali dare una direttiva!

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Imboccava un paralitico…

Non c’era pericolo che s’impoverisse lei per far star bene gli altri? – Il dott. Parvopassu, suo cugino, allora medico municipale dei poveri, andando a constatare i decessi nelle più luride catapecchie non di rado aveva la sorpresa di incontrarvi donna Teresa intenta a vestire il povero morto abbandonato (un vecchietto senza parenti, un mendicante scemo, un venditore ambulante, ecc.). Rendeva gli estremi servizi ai morti con la stessa pietà con la quale assisteva i vivi più derelitti e magari più ributtanti, pettinava un’ammalata, lavava un piccino, imboccava un paralitico… Se queste stranezze erano l’argomento del giorno per i salotti e i caffè, erano il fastidio tormentoso dei parenti. Fare del bene era sempre stato nel programma della famiglia, ma a quel modo era un po’ troppo… Non c’era pericolo che la vedova s’impoverisse lei per far star bene gli altri?

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Non le rimane proprio piu‘ nulla – Aperto il Piccolo Ricovero, la Nina (governante) si stancò presto. «Bisogna essere dei santi, diceva, per star lì dentro con tutta quella gente da pulire e da mantenere, con tutte quelle preghiere, quel lavoro, quella penitenza…» e domandò a donna Teresa il permesso di tornare a casa sua. La padrona l’abbracciò a lungo con le lacrime agli occhi. Era la prima che l’abbandonava. Non aveva modo di darle indennità di uscita; le diede quello che aveva di più caro, e anche materialmente prezioso, la corona del Rosario. ‑ Si è privata anche di questo ‑ diceva la chiacchierona Nina, mostrando il prezioso oggetto a tutti; ‑ adesso non le rimane proprio più nulla, più nulla…   


Si girava con la Madre paese per paese a chiedere l’elemosina per sfamare i suoi poveri

“Piccolo strumento nelle sue mani” come ella si definisce, Teresa sente spontaneo il bisogno di riferirsi in ogni caso alla Divina Provvidenza o per chiederne l’aiuto o per esprimerle il ringraziamento. Nei momenti critici non si abbatte, ma moltiplica le preghiere. Non resta con le mani in mano ad aspettare che piova qualcosa dal cielo, ma accresce la sua inventiva nel trovare nuove soluzioni e sviluppa la sua totale confidenza nel Signore. Soltanto così la preghiera fiduciosa e la sua umile intraprendenza avranno una grande possibilità di conseguire un costantesuccesso.

2ª Sequenza – C

Dal libro: Una donna per sperare di Alessandro Pronzato

…Un periodo scabroso

Con le preghiere a sant’Antonio tirava avanti – Alfredo racconta: «Facevo la terza elementare quando il maestro mi disse che se avevo ancora qualche assenza non sarei stato promosso. Ma io mi assentavo dalle lezioni per andare jn giro con la buona Madre ed il mio asinello. Fatto sta che la promozione non la ebbi, e restai con la séconda elementare…».  «Con l’asinello che era alla mia custodia si girava con la Madre paese per paese a chiedere l’elemosina per sfamare i suoi poveri. Si andava sui mercati, alla porta dei negozi e delle abitazioni per raccogliere gli aiuti in denaro o in derrate. Nei primi tempi la aiutavano, e poi voci maligne dicevano perfino che era una pazza; così umiliata li ringraziava egualmente, ma con le preghiere a sant’Antonio tirava avanti».  «C’è stato un periodo scabroso: senza un soldo in casa e il fornaio non voleva più dare il pane. La Madre ed io ci siamo recati dal fornaio in via Dante; la buona Madre in mia presenza lo supplicò di non lasciarci mancare il pane, che Dio e sant’Antonio lo avrebbero aiutato; lo assicurò che al più presto avrebbe liquidato il conto. Da quel giorno aumentarono le preghiere; la buona Madre ed io abbiamo bussato a tante porte dei signori e di prelati finché ella poté soddisfare il panettiere».

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Ringraziava con un “Deo gratias!” e col suo sorriso – Un’amica ricorderà: «Il vederla sullo stradale Cantalupo-Borgoratto con le scarpe rotte, tutta impolverata, mentre tante volte l’avevamo vista passare a tiro di pariglia, ci faceva piangere. Le davamo qualche piccola offerta pensando che l’Opera poteva fallire da un momento all’altro. Ella ci ringraziava con un “Deo gratias!” e col suo sorriso…». C’è chi dice di averla scorta issata sopra un carro di letame. E c’è chi giura addirittura di averla vista trainare essa stessa il carrettino quando l’asinello, stremato, faceva le bizze. Sarebbe interessante leggerle «dentro» quando arriva, nei suoi vagabondaggi, nelle ville che sono state teatro della sua fanciullezza spensierata. Teresa, infatti, non esita ad abbordare, in nome della carità, anche i parenti. E non si decide a partire fino a quando il carretto non risulti colmo di frutta e verdura.

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La Divina Provvidenza non paga dazio – Al ritorno in città, deve affrontare il dazio. Ma riesce ad evitare l’ispezione grazie a una formula magica, una specie di lasciapassare di sicuro effetto e collaudato da tante prove: – La Divina Provvidenza non paga dazio. E le guardie danno via libera. Anzi, certe volte sono loro per prime che usano la formula. Per quanto incallite dal mestiere, proverebbero la sensazione di compiere un sacrilegio solo che frugassero, come sarebbe loro dovere, in quella merce. Qualcuno, certo, stenta a riconoscere la signora brillante di un tempo in quella modesta accattona dalle scarpe sbrindellate e dal vestito grossolano che tende la mano per i suoi poveri. Si viene sfiorati dal dubbio che ci sia un errore, uno scambio di persona, tanto il cambiamento è radicale. Ma c’è qualcosa che la fa riconoscere senza possibilità di equivoci: il sorriso. Quello è rimasto lo stesso. Oltre che segno di riconoscimento, il sorriso di Madre Teresa è il titolo che garantisce di una felicità che continua. La felicità di far felici gli altri. La gioia di distribuire certificati di nobiltà a chi se li è visti rifiutare.


Li conduceva per mano al Piccolo ricovero

Quando Dio lavora nel cuore di creature generose, i frutti sono immancabili e si traducono in slancio di zelo e coraggio. Madre Teresa, fu instancabile nel lavoro per i suoi poveri, partecipò a ogni ansia di bene, lieta di collaborare con le più diverse forme di apostolato, offrendo ad altri il proprio appoggio, la lode incoraggiante, l’aiuto necessario, talvolta ricavato anche dalle rinunce personali. Questi fioretti ci fanno sentire la freschezza e il profumo di tante virtù, che siamo invitati a conservare nella mente e nel cuore, come premessa di un nostro impegno a riper orrere le sue orme.

2ª Sequenza – D

Dal libro: La Beata Teresa Grillo Michel – Carlo Torriani

Con materne pressioni e promesse, li conduceva per mano – Mons. Vincenzo Farina (vice-parroco della Cattedrale di Alessandria per cinque anni) ricorda come nel periodo quaresimale donna Teresa andasse in giro per le vie a cercare i ragazzi che, abbandonati a se stessi, non combinavano che birichinate. La pia signora, con materne pressioni e promesse, li conduceva per mano al Piccolo Ricovero, li faceva pregare in Cappella, li incitava a imparare il catechismo e li rimandava a casa con qualche regalo. Il giorno dopo tornavano tutti, e accompagnavano altri. Si giungeva così alla vigilia del gran giorno della Comunione, e numerosi erano quelli che si accostavano ai Sacramenti. La Madre li accomiatava raccomandando ancora di pregare e di dormire sognando il giorno più bello della loro vita. Ma in una di quelle notti di vigilia (questo è l’episodio che più volentieri ricorda il prelato, non unico nella vita di Madre Michel), donna Teresa non andò à riposare. Quando tutti i ricoverati dormivano, scese nella Cappella e trascorse la notte in preghiera per i figli adottivi. Di questo fatto si accorsero i familiari al mattino quando trovarono donna Teresa addormentata innanzi al Tabernacolo. Come nulla fosse, la Madre passò tutta la giornata in piena attività, col volto raggiante di gioia!

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La Divina Provvidenza benediceva – La vivacità che la sosteneva nelle sue imprese, ella riusciva a trasmetterla agli altri. Il più bel regalo che faceva a sé e alle ricoverate, era un pellegrinaggio a piedi a qualche Santuario. Pellegrinaggio di carità, perché si partiva di solito digiuni, e con poca scorta di viveri, e mentre la maggior parte dei partecipanti sostava nel tempio a pregare, dopo la Messa, la Madre andava alla questua nel paese o nei cascinali per la “sua gente”; così era la Divina Provvidenza che benediceva la gita. Non sempre tutto andava per il meglio, perché o qualche epilettica cadeva per la strada, o qualche buona figlia (disabile) si allontanava inavvertita. Ma alla sera si tornava a casa al completo nonostante gli inconvenienti. Una volta, tornando dal Santuario di Castellazzo Bormida, non si sapeva come trasportare una epilettica che non si riprendeva dal suo male. Passò per caso un carretto e un uomo domandò che cosa fosse avvenuto. – Questa è una ragazza epilettica, e non sappiamo come portarla al Piccolo Ricovero – gli fu risposto.  – Siete le ricoverate della Miche!…?  Vi aiuto io, sono stato bersagliere del 2° reggimento. Voltò il cavallo e tornò con la malata e donna Teresa, la vedova del suo colonnello – Giovanni Battista Michel – in città. La Madre tutta lieta ripeteva: – Ecco come Giovanni ci raccomanda alla Divina Provvidenza!

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Raccoglieva fiori

Una parola e un sorriso per ognuno – Quando la Madre Fondatrice si recava sulle montagne del Lago Maggiore a visitare gli asili gestiti dalle Piccole Suore, si ripetevano scene di commovente semplicità. Erano i primi veli azzurri che i montanari vedevano e che essi salutarono, quando giunsero per la prima volta, con il suono delle campane a festa. Invero le suore, coadiuvando i parroci, alimentavano in quelle popolazioni uno spirito religiosamente operoso. Quando Madre Michel arrivava, tutti andavano ad ossequiarla, e le portavano cestini di castagne e di mele, bei pezzi di burro, mazzi di mirtillo. La Fondatrice aveva una parola ed un sorriso per ognuno e distribuiva immagini e medaglie. «Quel caro paesello di Viggiona, (scrive in una lettera del 1923) tanti santi ricordi mi desta sempre nel cuore, rievocandomi la memoria dell’ottimo sacerdote che vi abbiamo conosciuto, e tanto fece alle anime nostre».

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Per cogliere fiori e meditare sulle bellezze del Creato – Una passeggiata che faceva di frequente, era quella per Frascaro (AL). Rivedeva le colline per le quali aveva scorrazzato in gioventù; come allora non passava mai per la strada principale, ma attraversava prati e boscaglie e raccoglieva fiori. Arrivava, improvvisa, all’Asilo Montel e in punta di piedi si avvicinava dietro alle spalle di qualche suora, pronunciando gioiosa la parola d’ordine della Congregazione: Viva Gesù! – Viva Maria, rispondeva l’altra, voltandosi di botto; ma perché venire tutta sola , signora Madre? E per dove è passata? – Ho attraversato i prati per cogliere fiori e meditare sulle bellezze del Creato; eccoli, adesso falla tu la meditazione. E come nulla fosse, s’interessava della scuoletta e del pensionato per signore decadute, che aveva organizzato in quella villa donatale dalla sorella Angiolina.

 


Alfonso il cuoco

Scene della vita di madre Teresa Michel, narrate da coloro che le sono stati vicini alle origini della Congregazione da lei fondata. Il loro messaggio profondo ci consente di aprirci all’Eterno e ci spinge a rispondere alle necessità dei fratelli, specialmente dei più bisognosi.

2ª Sequenza – E

Dal libro: La Beata Teresa Grillo Michel – Carlo Torriani

Certe capigliature portavano troppi inquilini

 

 

Alfonso e la Padrona –  Donna Teresa si trovò subito a suo agio nel nuovo ambiente, mentre parenti e amiche la guardavano costernati. Una forza nuova era nata in lei; una salute a tutta prova che le permetteva di sopportare, senza ammalarsi, privazioni, disagi, fatiche di ogni genere. Si preoccupava dell’educazione dei ricoverati non meno che del cibo e del riposo. Per i pasti Alfonso continuava la sua missione con la sola differenza che se prima andava alla ricerca di ricette per cibi prelibati, ora doveva far cuocere, quando ne aveva, generi qualunque di prima necessità; prima era lui che provvedeva i cibi alla padrona, ora era la padrona che con la questua provvedeva, e non sempre, i cibi a lui.

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Paolina rimproverava la sua Signora –  Paolina continuava ad interessarsi della biancheria. Gli armadi erano aumentati di numero, e proporzionatamente era aumentata anche l’autorità della cameriera. Era ormai la «signora Paolina» ed aveva una cameretta propria. L’affetto che la fondatrice le portava, non poteva che riverberare su di lei la stima dei ricoverati tutti. Di questa posizione privilegiata si valeva per dare certe sgridate alla padrona stessa. Quando donna Teresa si affaccendava a pulire in mezzo al cortile certe capigliature che portavano troppi inquilini, la signora Paolina usciva sul terrazzo della sua stanzetta e con le mani ai fianchi rimproverava la sua signora: -Guardatela lì, così mal vestita, a far cose che non sono da lei; e pensare che mi strapazzava quando andavo ad aprire la porta senza il grembiule bianco… – Stai brava, Paolinotta , rispondeva sorridendo donna Teresa, lasciami fare…

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Un periodo procelloso e confuso  –  Per l’assistenza dei birichini che aumentavano sempre più si ricorse a insegnanti di… fortuna, giacché non v’era modo di pagare lauti stipendi. I primi incaricati furono un epilettico, il «siur Paulin», e una ricoverata agli incurabili «la siura Eugenia». Un giorno poi, questuando a Fubine, si ebbe l’adesione di una insegnante patentata, la signora Palmira, e il Ricovero trovò un elemento direttivo di primo ordine. Tuttavia il buon cuore della fondatrice non poneva limiti nell’accettazione dei bisognosi e le esigenze della casa aumentavano sempre più. Tra i primi si presentarono una mamma con sei orfani… Donna Teresa accolse tutti… e nacque l’asilo. Spalancò la porta anche a sciancati, scemi, derelitti. L’istituto iniziò così un periodo procelloso e confuso, più facile ad immaginarsi che a descriversi.

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Una minestra con maggior condimento – A contrasti e deficienze di ogni sorta teneva testa la fede meravigliosa della fondatrice. Se gli altri imponevano ordine con severità e giusti castighi, donna Teresa s’imponeva con il suo sorriso e le sue materne premure. La sua predilezione era per i ragazzi, quasi prevedesse che dovesse un giorno lasciarli. Volle indossassero una bella uniforme quando andavano a scuola e ai funerali. D’estate li mandava a fare il bagno al Bormida; non voleva mancasse loro la merenda, oltre agli altri tre pasti, e li interrogava sempre per sapere se erano soddisfatti; e per soddisfarli, affrontò ogni umiliazione. Voleva che il suo pasto fosse come quello dei ricoverati. Alle volte la Paolina che continuava a usarle molti riguardi, trovava il modo di prepararle una minestra con maggior condimento. Donna Teresa se ne accorgeva subito, e non faceva che rovesciare il contenuto nella zuppiera comune ed esclamare tutta giuliva: «Così va meglio».

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Alfredo, quello che conduceva il piccolo asinello –  Per i servizi di trasporto era ormai necessario un carro, e l’industriale Giuseppe Borsalino donò un asinello col suo traino. Quel modesto asinello portava con sé dei milioni. Fu affidato a uno dei ragazzi, un birichino raccolto, orfano dei genitori, a otto anni. Per la carica occupata divenne il compagno di questua della Madre, il suo giovane di fiducia, e… marinò non poche volte la scuola. Alla notizia della morte della fondatrice, tra tante condoglianze, giunse da Torino questa letterina: «Con grande rammarico, ho appreso troppo tardi la scomparsa della buona Madre Teresa Michel. Come uno dei primi figli raccolti da lei nella sua casa pietosa porgo, unito alla mia famiglia, le più fervide condoglianze. Unito a voi prego per il suo eterno riposo. «Non so se nella casa vi sarà ancora qualche suora che si ricorda di me; sono Alfredo, quello che conduceva il piccolo asinello per la raccolta della Provvidenza. Invio una piccola offerta alla Casa in suffragio della buona Madre». E il bravo decoratore mandava pure un quadretto di rose dipinte con vera arte, perché in luogo di quelle marcescibili, dicessero, presso la tomba, tutta la sua gratitudine.

 


Nella solitudine dell cappella…

Riportiamo alcuni fatti e testimonianze che esprimono la fiducia di Madre Michel nella preghiera. “La preghiera per essa fu veramente respiro dell’anima, sostegno, forza, conforto, unione con Dio” (Giuseppe Amato).  Si tratta di semplici frasi o di aneddoti che hanno un fascino particolare perché mostrano la sensibilità della Madre che in questo modo diventa anche una testimone e un modello.

2ª Sequenza – F

Dal libro: La Beata Teresa Grillo Michel – Carlo Torriani

Nel libro che teneva sempre in una delle grandi tasche conservava pensieri suoi scritti da lei o copiati da sacri autori.
Sfogliandolo in qualche quarto d’ora tranquillo nella solitudine della Cappella, rileggeva i nomi dei benefattori o di persone a lei specialmente raccomandate; rivedeva suppliche scritte in momenti più familiari.

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Anche lei improvvisava e scriveva preghiere. Ne riportiamo una scritta dietro ad un’immagine nella quale la Madonna presenta un’anima al Sacro Cuore. 
La carità di lei intravede l’anima di un grande benefattore da raccomandare, e scrive: «Mamma Cara, Mamma Bella, Madre Pietosa e Madre potente, coraggiosamente e con fede vivissima, ardente ed operosa ti getto nelle tue amorose e materne braccia l’anima di questo nostro grande benefattore. Tu accoglila come un bimbo appena nato e mettendola sotto il manto del tuo amoroso Sposo, consegnala al Cuore di Gesù; e noi con fede vivissima ti ringraziamo, perché quelle ardenti fiamme d’amore lo riformino tutto. Amen».

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Non si può dire quanta fatica le costasse la preghiera, specialmente dopo lunghi viaggi o giornate faticose.
Arrivando ad un Santuario, per esempio quello di Boca nel Biellese, le suore che l’accompagnavano si facevano premura di cercarle un posto su un banco o su una sedia e anche i fedeli, conoscendola, si scostavano rispettosi. Ella invece andava direttamente all’ Altare, e inginocchiata in terra, tenendo innalzate le braccia, non vedendo neppure chi le stava attorno, incominciava le sue orazioni mentali. Qualche volta le suore, prese da compassione per una posizione tanto incomoda, le sostenevano le braccia, come avvenne a Mosè.

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A tarda sera, nella Cappella del Piccolo Ricovero, quando le suore erano andate a coricarsi, la Fondatrice si fermava con l’una o con l’altra figlia, oppure con una ricoverata a recitare ancora un Rosario.
«Qualche volta, racconta una suora, la trovai in compagnia di una ragazza fedelissima, che sarebbe andata nel fuoco per compiacerla, pur facendone spesso d’ogni colore per troppo zelo e per poca testa. La signora Madre era talmente oppressa dal sonno che la testa le ciondolava, e balbettava le «Ave» con lo sforzo di chi parla in un dormiveglia. Allora mi facevo io un dovere di carità (invero era un po’ la parte del diavoletto) e a furia di gomitate all’ Antonietta, riuscivo ad accelerare le sue strascicate risposte ed a farle saltare qualche «Ave» ad ogni decina. Non ne ho mai avuto scrupolo, e credo che la Madonna avrà sorriso dello stratagemma pietoso».

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Nei primi anni di vita religiosa, racconta una suora, mi capitava sovente di viaggiare con la venerata Madre. 
lo ero molto contenta perché speravo di discorrere a lungo con lei. Appena giunte al treno, la Madre sceglieva un cantuccio dello scompartimento e mi faceva sedere accanto a lei. Poi si aspettava il segnale della partenza. Quando vedevo che nessun viaggiatore entrava nello scompartimento, mi preparavo con gioia a fare la mia chiacchierata… Ma ecco, la Madre, appena il treno si muoveva, tirava fuori il rosario e mi invitava a recitarlo con lei, sottovoce, intero, e poi aggiungeva preghiera a preghiera. Finalmente, quando pareva avesse finito, e volesse riposarsi io cercavo di attaccare discorso…, ma la Madre (non sapendo nulla del mio desiderio) tirava fuori un grosso libro e incominciava a meditare… ed io restavo a guardarla, ammirata del suo raccoglimento e del suo spirito di preghiera. Così il viaggio terminava senza aver scambiato una parola, ma con il ricordo indelebile di un buon esempio».

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Nel visitare paesi e filiali, non mancava mai di sostare in Parrocchia per pregare.
«Una volta, scrive una suora venuta a visitare l’Asilo di Castelletto Villa, entrò nella chiesa che era stata appena restaurata; le si facevano notare le nuove opere d’arte, e la statua del Sacro Cuore. Ella approvava, ma ogni tanto volgeva lo sguardo verso l’Altare maggiore. Ad un tratto, fissando come in estasi il Tabernacolo, disse ad alta voce: «Queste sono statue inanimate, ma là, o mio Dio siete vivo e vero…!» e corse a inginocchiarsi alla balaustra e stette per qualche tempo in profonda adorazione».

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Le sue lettere rispecchiavano questi esempi, e contenevano tutte un incitamento alla preghiera. 
«Pregate ed aspettate con fede, ché il Signore manderà a suo tempo quel che è necessario…». «Nel momento di tempesta bisogna proprio armarsi di fede, di una grande fede, e poi tirare innanzi e non sgomentarsi di nulla…». «Il Signore non può negarci il Suo aiuto e anche un aiuto straordinario se Glielo domandiamo… Coraggio dunque…».

 

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